mercoledì 7 maggio 2014

Calvino: l'arte di saper scrivere.

di 
Marialuisa Andaloro
Gabriella Spadaro 


"L'arte di scriver storia sta nel saper tirar fuori
da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto;
ma finita la pagina si riprende la vita
e ci s' accorge che quello che si sapeva è proprio un nulla"
 
                                                                  Italo Calvino, Il cavaliere inesistente 


 


Italo Calvino è un narratore tra i più significativi del Novecento italiano; nella costellazione letteraria disegnata dalle sue numerose opere si ibridano compiutamente vocazioni e temi diversi, dall'impronta neorealistica degli scritti iniziali a quella allegorico-fiabesca della produzione più matura. 
Nella sua prosa, dove sono accolte e filtrate le più alte suggestioni del panorama letterario coevo e dove lo scrittore si rivela spregiudicato sperimentatore di linguaggi e generi, alla lucidità della descrizione analitica fanno da costante contrappunto il lirismo e l'ironia, sostanziati da una riflessione profonda e disingannata sul senso ultimo dell'esistenza umana.Calvino, considerato il più grande favolista per ragazzi della letteratura del Novecento, era da sempre stato attirato dalla letteratura popolare e dalle fiabe, che costituiscono la fonte d'ispirazione per i suoi romanzi. 
Già con "Il visconte dimezzato"(1952), il primo libro della Trilogia Araldica, l'impianto è totalmente fiabesco e la narrazione può essere letta con funzione allegorico simbolico, che consente al lettore di elaborare spunti di riflessione e di raggiungere una sorta di equilibrio interiore. La bizzarra storia del visconte Medardo di Terralba che, colpito al petto da una cannonata turca, torna a casa diviso in due metà (una cattiva, malvagia, prepotente, ma dotata di inaspettate doti di umorismo e realismo, l'altra gentile, altruista, buona, o meglio "buonista"). 
Nel secondo libro della trilogia "Il barone rampante"(1957)Il narratore ripercorre la lunga vicenda del fratello, Cosimo di Rondò, vissuto nella seconda metà del XVIII secolo a Ombrosa, in Liguria. Cosimo, per sfuggire a una punizione inflittagli dai suoi educatori, decide di salire su un albero per non ridiscendere mai più. Cosimo si costruisce un mondo aereo dove diversi personaggi della cultura e della politica (Napoleone compreso) lo vanno a trovare, testimoniandogli la loro ammirazione. Vive anche una tormentata storia d'amore con la volubile Viola. Cosimo muore vecchio, senza mai discendere in terra: ammalato, in punto di morte, si aggrappa alla fune di una mongolfiera e scompare mentre attraversa, così appeso, il mare. Il protagonista de "Il barone rampante" è un alter ego dello stesso autore, che ha ormai abbandonato la concezione della letteratura come messaggio politico ed esprime un desiderio di ribellione e di rivendicazione della propria libertà individuale. 

"Il cavaliere inesistente"(1959), terzo volume della trilogia de "I nostri antenati" che racconta le gesta di Agigulfo, cavaliere di Carlo Magno che ha una particolarità: dentro l'armatura non esiste.
Agilulfo è il simbolo dell'uomo "robotizzato", che compie gesti burocratici con incoscienza quasi assoluta. E' velato da un cupo pessimismo dietro al quale la realtà appare irrazionale e minacciosa, mentre evidenzia il tema dell'adempimento delle regole e dei protocolli di cavalleria, sottolineando l'idea della confusione della propria identità con quella degli altri e con il mondo esterno. In questa trilogia, Calvino ha espresso metaforicamente tre diverse esperienze attraverso le quali l'uomo riesce a trovare il giusto equilibrio tra bene e male,(Il visconte dimezzato"), alienato ("Il barone rampante")  e  ridotto a pura apparenza (" Il cavaliere inesistente").

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