lunedì 26 maggio 2014

Il romanzo, un genere che riflette l'epoca in cui è scritto

Di
Isabella Giorgianni


Secondo la definizione più consueta, il romanzo è un genere letterario che corrisponde  ad una narrazione in prosa estesa, di carattere realistico o fantastico, che sviluppa vicende piuttosto complesse. Ma cosa ha realmente rappresentato questa forma nella storia dell'uomo? In ogni epoca una specifica tipologia di romanzo è nata per adempire ad un proprio compito, come esprimere una precisa rappresentazione della realtà, oggettiva o soggettiva, rappresentare riflessioni di carattere filosofico o ideologico, sia sulla vita del singolo che sulla storia ed i valori fondamentali del tempo, fissare determinati concetti o fornire un quadro preciso in grado di restituire un vero e proprio documento d'indagine. 
Il termine "romanzo" è di origine medievale e deriva dalla parola "roman", con cui si indicava la lingua volgare. Il periodo più fortunato per il romanzo è soprattutto l'800, secolo in cui l'uomo ritiene di poter conoscere la realtà che lo circonda: in questo contesto il romanzo che riscuote più successo è il romanzo storico. In esso l'autore si propone di offrire il quadro di una determinata epoca del passato, illustrandola sia nei grandi avvenimenti politici e militari che nei loro effetti nel campo della vita privata, ponendo al centro della narrazione personaggi non realmente vissuti. Il grande successo di questo genere è spiegabile attraverso l'interesse per il passato tipico della tendenza romantica, considerando che si ricercavano nella storia le radici e l'identità dei popoli e delle nazioni.
Il vero iniziatore di questa tipologia romanzesca è Walter Scott, scrittore, poeta e romanziere britannico. Nel 1814 Scott pubblicò Waverly, universalmente considerato come il primo romanzo storico, opera uscita in forma anonima per timore che al pubblico potesse risultare sgradita, sebbene in realtà essa ottenne notevole successo fin dalla sua prima apparizione. Uno dei romanzi più famosi dell'autore è però Ivanhoe, pubblicato nel 1820 e ambientato nell'Inghilterra del medioevo, che trasfigura il conflitto anglo-scozzese nel conflitto normanno-sassone all'epoca di Riccardo Cuor di Leone. 
Fu proprio Scott ad ispirare Alessandro Manzoni, scrittore, poeta e drammaturgo italiano che nel 1827 pubblicò il primo romanzo storico italiano, il celeberrimo I promessi sposi. L'opera è ambientata nel Seicento, quando il ducato milanese era sotto il dominio della Spagna, ma i veri padroni erano i potenti che si occupavano solo dei propri interessi senza curarsi del rispetto della giustizia, mentre gli umili vivevano nel timore e nella miseria.
In questo periodo ha un certo rilievo anche il romanzo realista, che, al contrario di quello storico, rappresenta vicende e costumi contemporanei ed è caratterizzato dall'analisi della realtà sociale anche dal punto di vista critico. Come applicazione diretta del pensiero realista, il romanzo realista nasce in Francia, quando, alla fine dell'800, il Naturalismo si propone di descrivere la realtà con gli stessi metodi usati nelle scienze naturali. Esso riflette l'influenza della diffusione del pensiero scientifico, che basa la conoscenza sull'osservazione, sulla sperimentazione e sulla verifica. Lo scrittore deve realizzare la realtà nel modo più oggettivo ed impersonale possibile, lasciando ai fatti narrati e descritti il compito di denunciare lo stato della situazione sociale, evidenziando il degrado e le ingiustizie. Gli scrittori naturalisti abbandonano la scelta del narratore onnisciente, che sa tutto dei personaggi e che racconta la storia in terza persona, sostituendola con una voce narrante che assiste ai fenomeni descritti, così come accadono.
Esponente importante del Naturalismo fu Émile Zola, giornalista, scrittore e saggista francese che, in seguito alla lettura dei testi scientifici di Charles Darwin sulla selezione naturale e l'ereditarietà, formulò le regole del cosiddetto romanzo sperimentale, che doveva riprodurre su carta ciò che sarebbe avvenuto in un laboratorio scientifico per lo studio dell'umanità, secondo un approccio rappresentato nel suo primo grande ciclo di romanzi sulla famiglia Rougon-Macquart.
In Italia, invece, il Naturalismo assunse la declinazione verista impersonata da Giovanni Verga, scrittore e drammaturgo siciliano che, nel 1880 e nel 1883, si fece conoscere con le raccolte "Vita dei campi" e "Novelle Rusticane". Ma al centro del suo progetto vi erano soprattutto i cinque romanzi del cosiddetto "Ciclo dei Vinti", del quale scrisse però solo i primi due: I Malavoglia e Maestro don Gesualdo. Dalla Lettera a Salvatore Farina scritta da Verga nel 1820 possiamo osservare una frase in cui egli parla del romanzo, esplicando che cosa intendesse con l'atto della scrittura: "Intanto io credo che il trionfo del romanzo, la più completa e la più umana delle opere d'arte, si raggiungerà allorché l'affinità e la coesione di ogni sua parte sarà così completa che il processo della creazione rimarrà un mistero".

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