giovedì 26 febbraio 2015

C’è  musica e musica

Chiara Cavatoi  V B Liceo Classico


In un articolo del 2009 pubblicato sul giornale “l’Espresso” Umberto Eco comunicava il suo parere sulla musica, in un’ottica assolutamente inconsueta. Si concentrava infatti sulla fruizione passiva e amniotica della musica, sulla critica di generi e mezzi di ricezione contemporanei: musica rock posta in contrasto con “l’Aida”, musica elettronica, l’utilizzo di nuovi apparati tecnologici a discapito di radio e dischi. È vero che auricolari e cellulari permettono di ascoltare ripetutamente una canzone, una volta dopo l’altra, portandoci a sdegnarla o a notare parecchi difetti; ciò aggiunto a danni all’udito e anche al deterioramento del suono.  Tutto ciò fa della musica non più una conquista, come lo era una volta, ma semplicemente un accompagnamento costante della propria vita, che impedisce addirittura di concentrarsi sulle azioni quotidiane. Sicuramente la più audace critica mossa da Eco, e la più criticabile a sua volta, è la mancanza di libertà che deriva dalla fruizione passiva. Tale concetto è tratto da alcune osservazioni del filosofo Kant, il quale afferma che le caratteristiche sonore della musica impongano a chiunque l’ascolto, ledendo la libertà personale. Bisogna comunque contestualizzare la sua posizione in quanto il filosofo, essendo un illuminista legato al primato della ragione sull’intelletto, non può certo lodare la musica che è in realtà una delle più grandi forme di irrazionalità, passione ed immediatezza. Kant inoltre svaluta la musica in quanto non ritiene che sia un “nutrimento intellettuale” al contrario di altre arti. Mi trovo totalmente in disaccordo, proprio questa affermazione comporta, secondo me, la svalutazione dell’arte stessa: essa è così sublime e grandiosa che il nutrimento intellettuale che ne può derivare è solo uno degli aspetti che offre. L’arte (e soprattutto la musica per me) è passione, coraggio, energia, il riflesso di noi stessi. È  armonia che si fonde con l’irrazionalità, è contrasto di idee, è l’urlo di chi lotta, il pianto di chi soffre, il sorriso di chi è felice. Se a questo aggiungiamo la comunicazione ideale, essa si arricchisce ancora di più ma, come il Romanticismo ci ha insegnato, gli ideali non sono solo  bellezza, purezza e armonia; il brutto, il vero, l’irrazionale non fanno forse parte di noi? L’arte può essere sia ciò a cui tendere sia la manifestazione della nostra interiorità, che non sempre riflette valori assoluti.
Io sono una grande appassionata di musica e la ritengo una delle forme d’arte più spettacolari che l’uomo abbia mai creato: attraverso un brano, una canzone non solo ascoltiamo una melodia, ma leggiamo il testo e capiamo ciò che vuol comunicare, fantastichiamo sulle immagini. La musica non ha sempre bisogno di testi importanti perché, grazie ai suoni, possiamo associare il contenuto che desideriamo! È  fantasia, è ricchezza, è immaginazione. Se potessi, risponderei ad Eco e a Kant: l’ascolto di generi musicali che non conosciamo o che non ci piacciono, attraverso la fruizione passiva, non è forse cultura? La conoscenza non è limitata al nostro gusto o alle nostre scelte.
Devo precisare a favore di Eco che talvolta però, quando ascolto alla  radio una canzone che non mi conquista, sento le orecchie fischiare e con violenza cambio subito stazione radio continuando a brontolare… Ma tutti i generi sono espressione di un modo di essere e non vanno criticati, ma capiti.
Attraverso la mia musica (che può non piacere ) ho imparato a comunicare, a divertirmi e a divertire, ad avere dei modelli, ad avere delle possibilità, a celare il silenzio assordante di quando mi sento sola. Sento sempre di dipendere da essa e di doverle dire GRAZIE.

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