sabato 12 aprile 2014

Il destino del filosofo

di
Pietro Scibilia
Andrea Gitto

"Se si deve filosofare, si deve filosofare e se non si deve filosofare, si deve filosofare; in ogni caso dunque si deve filosofare. Se infatti la filosofia esiste, siamo certamente tenuti a filosofare, dal momento che essa esiste; se invece non esiste, anche in questo caso siamo tenuti a cercare come mai la filosofia non esista, e cercando facciamo filosofia, dal momento che la ricerca è la causa e l'origine della filosofia”.
                Aristotele
 
In questa esortazione al filosofare, sta come non mai il senso dell’occuparsi di tale materia. Ma in un'epoca postmoderna, dove i massimi sistemi teoretici ed ideologici si sono dissolti, dove il mondo progredisce alla stregua del progresso informatico, dove le scienze e le tecniche hanno acquisito un tale grado di maturità tanto da erigersi a vettore direzionato allo sviluppo gnoseologico in qualsiasi campo conoscitivo umano, che posizione occupa il filosofo?
Nel senso comune la figura del filosofo è comparata a quella del disoccupato costretto a svolgere lavori più umili, a causa della carenza di possibili applicazioni pratiche del campo nel mondo lavorativo. Un porto sicuro sembrava essere fino a pochi anni fa il settore scolastico, ormai defraudato di garanzie e mutilato da tagli sempre più esponenziali.
Detto ciò, il filosofo si potrebbe definire una specie autoctona dell’Università: lì prolifera, si stanzia, lotta sino all’ultimo sangue per le poche tane chiamate “Dottorati di Ricerca”, i quali non proteggono sufficientemente dalle intemperie (affitto, bollette, assicurazione), più inespugnabili quelle fortezze, chiamate cattedre, protette dai vari "baroni".

Talune volte migrano, nelle stagioni remunerative, in parterre di giardini lussureggianti di effimera notorietà e d'intellettualoidi in cerca dell'agognata arrampicata sociale, muniti di un'esigua cultura incapace di suggestionare casalinghe di Voghera e scommettitori della domenica.
Oggi il filosofo ha visto il suo ruolo, più di altri, decadere della propria valenza nella società. Darwinianamente il filosofo odierno procaccia il suo sostentamento per mezzo dello spaccio di testi di natura pseudo-filosofica a classi di alunni "prescelte" dei vari istituti pubblici italiani come il miglior mercante del Gran Bazar.
I più socialmente abili, avendo preso possesso del dottorato, o - se prescelti dal fato - la cattedra, possono permettersi di veder pubblicate e distribuite le proprie opere dalla suprema e sempreverde (nonostante le numerose menomazioni subite) istituzione chiamta "Università"; in questo caso, piuttosto che gli studenti, i clienti sono gli universitari: a causa di queste spese alquanto dispendiose, scaturisce in loro un sentimento, una revanche, che li porterà, per sete di vendetta delle sofferenze patite, a tentar di scrivere altre opere, d'egual stampo, generando un circolo vizioso di temi accademici triti e ritriti.
Purtroppo, nell'immaginario collettivo il filosofo è visto in tal modo.
Chi è il filosofo se non chi prova amore verso la conoscenza, ponendosi sempre interrogativi su tutte le tematiche riguardanti il genere umano? Origine, passioni, sviluppo e destino: queste sono soltanto un' infinitesima parte di ciò di cui si è occupata per millenni la filosofia, che adesso sono occupazioni di altri campi di ricerca umana (promossi dalla ricerca filosofica), quali per esempio scienza, economia, linguistica.
I grandi personaggi del XX secolo che hanno rivoluzionato il pensiero filosofico non erano solo filosofi: Wittgenstein era anche un ingegnere, Einstein un fisico, Sartre un letterato, Russel un matematico.
Dato che la ricerca umana volta al suo progresso sembra aver precluso alla filosofia ogni possibilità, come quest'ultima può sopravvivere?
La filosofia deve adattarsi ritornando a svolgere quel compito che sempre l'ha caratterizzata: porsi delle domande.
Al giorno d'oggi la filosofia deve porsi questioni riguardo a tutti gli aspetti della vita: ad esempio l'epistemologia (di cui Popper, oltre che filosofo, è il maggior esponente) che pone questioni riguardo al confine etico della ricerca scientifica; il linguaggio ed il relativo uso per comunicare divengono centro di dibattito filosofico (Noam Chomsky attualmente  è uno dei più grandi esponenti); l'economia è diventata il punto cardine per lo sviluppo sociale.
In conclusione, la filosofia non è una disciplina obsoleta, si è frammentata in molteplici attività, promosse da essa nel corso del tempo e che hanno ormai raggiunto una propria maturità, nonostante conservino, sentendone il bisogno, un'anima filosofica, che interroghi sul progresso umano. Per la sua stessa natura, comunque, la filosofia porterà alla luce nuovi interrogativi, dando vita a nuovi campi ancora in nuce.



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