di
Ylenia Calogero
Ylenia Calogero
Maria Elena Cambria
Valeria Devardo
Fornire alle donne una
base di uguaglianza
nel mondo del lavoro
non solo è eticamente giusto,
è anche
un investimento intelligente
nel lungo termine.
Evy Messell
(direttrice dell'Ufficio dell'ILO per le Pari Opportunità)
La mancata uguaglianza tra l'uomo e la donna è un problema di carattere mondiale. La condizione femminile è
passata attraverso notevoli evoluzioni nel corso dei secoli, o addirittura dei millenni, per via dei fattori che influenzano l'organizzazione delle diverse società, compresi gli aspetti geografici,
storici e religiosi di ciascun popolo. Dal Medioevo ad oggi, per le donne il percorso per rivendicare e preservare i propri diritti
è stato, purtroppo, perennemente arduo. E il cammino da compiere, specialmente in certi contesti culturali, sembra ancora molto lungo.
Tra i grandi passi compiuti nel corso del Novecento, per tentare di raggiungere uno status paritario a quello maschile, non possiamo non ricordare almeno la battaglia delle suffragette, grazie alle quali, nel 1928, fu concesso il voto alle donne maggiorenni. E in Italia bisognerà aspettare il 2 giugno del 1946 affinché tutte le donne possano votare per una consultazione elettorale nazionale.
E oggi? Il ruolo della donna nella società contemporanea racchiude
un insieme di culture e visioni, differenti anche in base alle diverse latitudini: nell'area Islamica e dell'Estremo Oriente, le
donne vivono un'accentuata condizione di inferiorità. Alle giovani donne,
destinate al futuro di mogli e madri, viene negato il diritto ad istruirsi. Escluse
dalla vita politica, sono costrette ad una vita
rigorosa e devota alla figura dell'uomo.
Tuttavia, nei paesi sviluppati il divario tra i due sessi non è
effettivamente colmato, malgrado le recenti concessioni a favore delle donne
che hanno portato ad un'apparente uguaglianza. Basti guardare al ruolo della donna in
politica, che non è ancora abbastanza evoluto, ad eccezione della Scandinavia.
Per non parlare, poi, del mondo del lavoro, dove il raggiungimento di posizioni di potere da parte di una donna è visto ancora come l'eccezione, e non come la regola.
Ma al di là delle effettive conquiste, permangono pregiudizi sul ruolo della donna difficili da sradicare anche a causa di come essa viene rappresentata attraverso i mass media. In questo senso, la donna rischia di essere svalutata per le sue
capacità e addirittura utilizzata come "strumento" a servizio delle strategia di marketing. Nelle campagne pubblicitarie, ad esempio, la
figura femminile entra in conflitto con se stessa dando consenso a tale
mercificazione, da noi definita "sfruttamento non riconosciuto",
rinnega se stessa e i diritti che le appartengono. Riducendo il proprio corpo a vera e propria merce, i diritti ottenuti in secoli di storia, testimoniati dai numerosi sacrifici di innumerevoli donne, sfumano negli stereotipi trasmessi nell'immaginario collettivo. Ma non si tratta di un argomento nuovo, poiché la questione di come pubblicità, spettacolo e media trattino il corpo e l'immagine femminile, contribuendo a relegare la donna tra gli oggetti di piacere del mondo maschile, è una questione ampiamente indagata e dibattuta sotto molteplici prospettive. Dalle gambe delle più famose “Miss Italia” della televisione in bianco e nero, i tinelli degli italiani sono stati da sempre attraversati dal brivido ammiccante e seducente del corpo femminile. Le showgirl del piccolo schermo, con i loro abitini provocanti, saltellano per lo studio per convincere lo spettatore a non cambiare canale. Le telecamere vanno su e giù soffermandosi soprattutto su quelle parti del corpo poco coperte. Nonostante tutte le difficoltà per affermarsi, qualche dato è però confortante. Oggi sono un miliardo e duecento milioni le donne che
lavorano nel mondo, un numero che negli ultimi dieci anni è cresciuto quasi del
venti per cento. Ma per lo più le donne sono confinate nei settori meno produttivi,
sopportano i maggiori rischi economici e sono ancora molto lontane da un lavoro adeguato al proprio profilo di studi e di formazione. Ci sono più donne al lavoro, quindi, ma per la gran parte di loro i
problemi restano. Soprattutto se si guarda ai settori in cui sono attive e ai
diritti di cui godono. La domanda “Siamo nel 2014 o nel 1814?” sorge spontanea quando giovani ragazze ai colloqui di lavoro si sentono dire: “Andresti bene, ma se rimani incinta?”. Seguendo questo modernissimo ragionamento l’occupazione femminile dovrebbe essere eliminata e le donne dovrebbero tornare a fare lasagne e lavatrici.I tempi sono cambiati, la mentalità no. L’obiettivo deve essere quello
di garantire a tutte le donne un impiego non condizionato dal fatto di essere considerate diversamente rispetto agli uomini. Questo va considerato
anche come precondizione per lo sviluppo economico: le aree dove si è
registrata una significativa crescita economica sono, infatti, quelle con la più elevata
partecipazione femminile al lavoro. Pure la ricerca di un lavoro coerente con il proprio
percorso di studi è molto più ardua per le ragazze: a fronte di un 18% dei
maschi che non ha trovato un impiego coerente con il proprio ambito di studi,
la percentuale sale di oltre dieci punti percentuali nel caso delle femmine. La
verità è che gli indirizzi scolastici universitari
privilegiati dalle ragazze risultano essere spesso disallineati rispetto alle
opportunità offerte dal mondo del lavoro. Anche in azienda, sin dalla prima esperienza di stage e
tirocinio, le femmine vengono retribuite meno della metà rispetto ai colleghi
maschi e soffrono di una maggiore instabilità lavorativa. In una società futura il ruolo della donna deve emanciparsi dai limiti imposti dalle ideologie politiche o religiose. In ogni Paese del mondo non ci sarà più una donna maltrattata, picchiata o condannata a morte per lapidazione, ma una donna rispettata per le sue capacità intellettive, per il suo essere moglie e per il suo essere madre.
Per non parlare, poi, del mondo del lavoro, dove il raggiungimento di posizioni di potere da parte di una donna è visto ancora come l'eccezione, e non come la regola.
Donne e pubblicità. |
Nessun commento:
Posta un commento