Prof. di Greco o tyrannosaurus
rex ?
Estinto o in via di estinzione?
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Discobolo |
Oggi si fa un gran parlare del Liceo Classico, purtroppo male.
Lo si condanna, si accusa di essere una scuola “fuori moda”, d’élite, inutile e
dispendiosa. Ma la mia esperienza personale è ben diversa. Pur avendo 47 anni (non penso siano tanti)
appartengo ad un’epoca in cui frequentare o insegnare al Liceo Classico era
motivo di vanto. Ci tengo a precisare che vanto non è sinonimo di hybris ovvero di arroganza e manie di
superiorità poiché, al contrario, il primo valore trasmessomi dal Classico è
stato l’umiltà. L’umiltà di accostarmi a qualunque classico o essere umano
cercando di carpirne, con serenità ed equilibrio, l’humanitas che accomuna tutti gli esseri viventi di qualunque
epoca, estrazione sociale o indirizzo scolastico frequentato. Sono certa che mi
si obietterà “a che serve oggi lottare per un ideale, pensare, amare, mettersi
in discussione e cercare di cambiare la politica del proprio paese?” Oggi è
utile saper montare e smontare un motorino, creare un impianto elettrico,
cambiare un tubo o fare torte a sette piani di straordinaria bellezza.
Condivido tutto ciò, “l’umanità è bella perché è varia” diceva un antico
proverbio, ma noi stiamo andando incontro ad una società di soli operai, futuri
cassintegrati e disoccupati! Il boom di iscrizioni all’Industriale deve far
riflettere i genitori che, un tempo, erano pronti a qualunque sacrificio pur di
far studiare i propri figli per garantire loro un futuro migliore. Oggi
l’attacco più forte contro il Liceo Classico viene anche dai genitori che
garantiscono ai figli agi e comodità, i-phone, motorino, macchinetta, viaggi ed
abiti firmati, ma ritengono eccessivo ed inutile investire sulla cultura e la
formazione dei propri figli. È meglio che imparino un mestiere, un’arte; ma, mi
chiedo, dopo aver avuto il famoso diploma desiderato, cosa faranno? Per loro
sarà così semplice e naturale entrare nel mondo del lavoro? E, se è così,
perché il tasso di disoccupazione è tanto alto? L’Università fa paura, è vero;
condivido questo timore. I quattro anni di un tempo della maggior parte delle
facoltà sono diventati cinque (tre più due con l’invenzione della
specialistica), le tasse continuano ad aumentare e la laurea non dà alcuna
garanzia, ma in ogni società che si rispetti, di ogni epoca, c’è sempre stato
bisogno della forza lavoro e delle menti pensanti. La classe politica attuale
sta facendo in modo di estinguere le menti pensanti perché governare o meglio
tenere a bada un popolo non pensante è molto più semplice e comodo per curare i
propri interessi e non quelli della comunità. Ritengo che, ancora di più oggi,
investire sulla cultura dei propri figli sia il migliore investimento; è una
questione di priorità. Io per prima non ho mai sentito il bisogno dell’abito
firmato, del cellulare all’ultima moda, della vacanza all’estero o del gioiello
costoso, ma è vitale e basilare per me la presenza costante nella mia vita dei
libri, tesori inestimabili. Ho cresciuto i miei figli e da ventiquattro anni mi
prendo cura dei miei alunni cercando di trasmettere loro quei valori su cui ho
fondato la mia esistenza e che ho fatto miei prendendoli dai classici: il
rispetto degli altri, la solidarietà, la tolleranza, la sacralità dell’ospite,
il pathos, l’amicizia, l’amore, la
fedeltà, l’onestà, la libertà in tutte le sfaccettature, la democrazia,
l’importanza della parola e del dialogo, la forza di volontà, lo spirito di
sacrificio, la temperanza, la fermezza, il senso della misura, la bellezza
interiore. Ma, mi chiedo, oggi qualcuno sa cosa sia la bellezza interiore?
Nell’epoca in cui sentiamo di tredicenni che si prostituiscono, politici
collusi con la mafia, kamikaze che si fanno esplodere, il terrorismo che
impera, madri che uccidono i figli, figli che uccidono i genitori e mariti che
uccidono le mogli, ci chiediamo veramente verso dove stiamo andando? L’uomo sta
uccidendo l’uomo in virtù di cosa? Sete di potere, ambizione, interessi
economici… e la bellezza interiore che fine ha fatto? Forse è il caso che ci
fermiamo a riflettere, che ci guardiamo dentro, che ritorniamo ad imparare a
pensare, “cogito, ergo sum” dicevano
gli antichi. I miei cari ed amatissimi classici non mi hanno mai tradita nel
corso della mia vita e mi sono stati accanto in qualunque situazione, anche
drammatica; mi hanno dato la forza di andare avanti e di combattere per i miei
ideali. Ho provato in prima persona la drammaticità della scelta di Antigone,
l’amore profondo di Alcesti, il dolore sordo di Didone, la rassegnazione di
Creusa, l’ignoranza di Socrate, i dubbi esistenziali di Dante, l’accidia di
Petrarca, l’insofferenza di Alfieri, le illusioni di Foscolo, i dubbi religiosi
di Manzoni, la catena sociale di Leopardi, l’inettitudine dei personaggi
sveviani, i centomila volti di Pirandello. Mi sono persa e ritrovata leggendo
Seneca e Cicerone, Saffo e Catullo, Quasimodo e Montale; ho sognato di
viaggiare con Omero ed Apollonio e ho acquisito, senza accorgermene,
un’apertura mentale che oggi si vuole eliminare. È una sensazione molto
difficile da descrivere a parole, ma è come se dentro di me continuassero a vivere
i pensieri, i valori, gli ideali di coloro che hanno segnato il nostro passato;
mi fanno sentire ricca, di una ricchezza vera che nessuno mi potrà mai portare
via, che può aumentare all’infinito e che è giusto condividere con gli altri,
soprattutto con i giovani che saranno i futuri cittadini, i politici, i
governanti di domani. Fino a pochi anni fa non era necessario “orientare” i
ragazzi in uscita dalla scuola media nella scelta della scuola superiore. Oggi
l’Orientamento è una “guerra” tra le scuole senza esclusione di colpi e chi,
purtroppo, esce sconfitto è proprio il Liceo Classico. Ma quest’ultimo lo
scorso 16 Gennaio con la “Notte bianca”, a livello nazionale, ha dimostrato che
ESISTE, è vivo e vitale e non desidera altro che tornare a formare le future
generazioni. Qualche settimana fa ho letto un articolo scritto da una collega
di Lettere che dichiarava che le materie che insegnava erano inutili nell’epoca
di Internet e che in classe parlava sola dal momento che i suoi alunni non la
ascoltavano. Mi sono indignata perché in parte la responsabilità della crisi
del Classico è anche nostra. Come può un docente (e ce ne sono tanti) “marciare”
contro la formazione umanistica? La cultura non è settoriale. Mi permetto di
far notare alla collega che forse il metodo, il tono di voce, la scelta delle
tematiche da trattare e ancora di più la sua reale partecipazione attiva alla
lezione è carente. Oggi più che mai è fondamentale coinvolgere gli alunni
facendoli diventare protagonisti in ogni fase dell’attività didattica, dalla
scelta degli argomenti all’analisi, chiedendo sempre il loro punto di vista e
stimolando continuamente il loro spirito critico.
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Lupa capitolina |
Inoltre, a proposito del valore della cultura, lo scorso novembre
ho partecipato ad un convegno internazionale intitolato “Il classico nel terzo
millennio” dove, mi permetto di dire, che il prof. Francesco Sabatini (illustre
linguista, filologo, lessicografo e presidente emerito dell’Accademia della Crusca)
dimostrasse il valore inestimabile della cultura classica e la sopravvivenza
delle cosiddette lingue morte, il latino ed il greco, nell’uso corrente dell’italiano
era scontato e doveroso, ma che il prof. Edoardo Boncinelli (fisico, genetista,
presidente del comitato scientifico di “Bergamo Scienza” , già direttore della Scuola Internazionale Superiore di Studi
avanzati di Trieste, professore ordinario di Biologia presso l’ateneo Vita
Salute San Raffaele di Milano e membro dell’Accademia Europea e dell’Organizzazione
Europea per la Biologia Molecolare) affermasse di avere una mente scientifica
ma un cuore classico e che non c’è frattura fra scienza e letteratura, è stata
per me la più grande gioia e soddisfazione nei confronti di chi, soprattutto
educatori e formatori di ogni ordine e grado, afferma, purtroppo troppo spesso,
che studiare i classici non serva a nulla. Io ritengo invece che sarebbe preferibile
inserire la conoscenza della civiltà greco-romana in tutti gli indirizzi
scolastici, anche se non attraverso lo studio complesso e articolato della
struttura morfologica delle due lingue antiche, specifico del Liceo Classico,
ma in traduzione italiana. E sarebbe auspicabile creare una rete di “salvataggio”
dei Licei Classici, a livello nazionale, per una più proficua e vantaggiosa collaborazione.
La democrazia, l’arte, la politica, la
medicina, la lirica, il teatro, la danza, la filosofia, il diritto, l’oratoria…
nascono in Grecia e arrivano fino a noi; il greco e il latino sopravvivono
nell’italiano e noi oggi cosa facciamo? Cancelliamo tutto con un colpo di
spugna? E noi, cultori ed amanti del mondo antico, dobbiamo rassegnarci,
diventare magari i personaggi di un nuovo episodio del noto film “Una notte al
museo” per tornare a vivere di notte declamando i versi dei lirici antichi e
limitarci a sorridere di giorno nella condizione di statue mummificate con
accanto la targhetta esplicativa “Esemplare di prof. di Greco, risalente al XX
secolo”. E no. Io non ci sto!!!
Prof.ssa Patrizia Itri
Liceo Classico
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