Commento personale all’intervista ad
Andrea Camilleri “il maestro senza regole”
Angela Spinella V A Liceo Classico
Dopo aver visto l’intervista al grande Andrea Camilleri la prima
sensazione che personalmente ho provato è stata quella di grande stupore;
vedere come quest’uomo, nonostante la sua età, riesca a comunicare determinati
valori a noi così giovani lascia stupefatti. La cosa che mi ha colpita
maggiormente è stata la sua lucidità nel parlare dei suoi ricordi, delle sue
esperienze di vita, una vita vissuta con semplicità ed umiltà. Particolarmente
commovente è stato il momento in cui ha ricordato la dedica fatta a suo padre
sul primo libro pubblicato: “A mio padre
che non seppe insegnarmi nulla, se non di essere quello che sono”. Penso
che non ci siano parole in grado di commentare tale affermazione. Nei suoi
occhi era ben visibile la commozione che esprimeva tutto. Un altro dei momenti
più belli è stato quando, parlando della morte, ha detto che l’unica cosa che
lo spaventa veramente è la perdita degli affetti, cosa che spaventa un po’
tutti noi; è veramente terribile perdere gli affetti delle persone più
importanti della nostra vita, quelle con le quali ci siamo presi per mano,
quelle con le quali siamo caduti e ci siamo rialzati. Ciò che mi lascia
quest’intervista, oltre all’immagine di un grande uomo, è la convinzione che
per “fare” una vita grande, bastano
cose piccole. Per “fare” una vita
grande Teresa Mannino dice: “Dobbiamo
imparare a giocare con la vita senza paura.”.
“ Il cane di terracotta”
di Andrea Camilleri
Il romanzo inizia con l’indagine per la repressione di un
traffico di armi ma, successivamente, l’argomento principale diventa l’omicidio
di due giovani innamorati avvenuto in un tempo ormai passato. Tutto il romanzo
ruota intorno ad una grotta che nasconde il segreto dei due giovani. Mentre
Montalbano indagherà, subirà un doloroso lutto, la morte di Gegè, uno dei suoi
informatori, ma anche un carissimo amico. Prima di morire Gegè gli riferirà che
Tanu “u grecu”, pluriomicida latitante, vuole consegnarsi a lui per non cadere
nelle mani della nuova mafia. Ma la mafia non ci casca e durante il
trasferimento da un carcere all’altro Tanu viene ferito mortalmente. Il vecchio
boss in punto di morte confesserà a
Montalbano l’esistenza di un grosso traffico di armi, che vengono tenute
nascoste in una grotta. Il preside Burgio rivelerà a Montalbano che la grotta
ha una lunga storia e il commissario al suo interno scoprirà i corpi
mummificati di due giovani. Svelati i nomi dei due amanti, Montalbano riuscirà
infine a far luce su un caso che sembrava avvolto nel mistero dalla notte dei
tempi.
Nel romanzo sono presenti sequenze di vario tipo, descrittive,
narrative, dialogiche e riflessive, soprattutto quando Montalbano medita
sulle indagini. Ci sono anche alcuni
flashback, dei quali l’autore si serve per spiegare alcuni passaggi e cambi di
scena. Il narratore è principalmente esterno, ma a volte si immedesima nei
pensieri del commissario, diventando narratore interno. La vicenda è ambientata
in epoca contemporanea, ma il delitto risale a molti anni prima; sullo sfondo
ci viene presentata la vecchia e contrastata Sicilia, quella dell’onore e dell’orgoglio
di Tanu “u grecu”. Il protagonista è il commissario Montalbano, così semplice e
allo stesso tempo complicato. Affiancano il suo operato i suoi fedeli
collaboratori. Dal punto di vista del
linguaggio troviamo l’uso del dialetto siciliano ed espressioni comiche che
rendono la vicenda ancora più coinvolgente.
Il romanzo è molto appassionante nelle parti di maggiore
suspense; all’inizio può risultare un po’ difficoltoso capire il testo per la
presenza del nostro dialetto, a me a volte incomprensibile. Ho trovato
particolarmente avvincente la storia dei due giovani innamorati, la loro vita
contrastata, privi della libertà di poter vivere serenamente il loro amore e
infine la loro morte drammatica.
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