Commento personale all’intervista ad
Andrea Camilleri “il maestro senza regole”
Ylenia Calogero V A Liceo Classico
Si è soliti associare
Andrea Camilleri al commissario Montalbano non riuscendo a comprendere fino in
fondo la grandezza e lo spessore culturale di quest’uomo. È vero, Montalbano è
il suo personaggio più famoso, quello che lo ha fatto conoscere in tutto il
mondo. Ma ci siamo mai chiesti chi fosse realmente il suo creatore? Il grande Camilleri ha rilasciato, nel corso
della sua carriera, molte interviste che raccontano della sua passione e della
sua vita. L’ultima intervista che ho visto, “il maestro senza regole”, vede
interagire l’autore con Teresa Mannino e riesce in soli 90 minuti a fare un
vero e proprio resoconto della sua vita e della sua scrittura. È talmente
interessante che perfino i più svogliati
non riescono a distogliere l’attenzione da ciò che stanno guardando.
Ci racconta di aver
frequentato l’Accademia di Arte drammatica a Roma e di esserci in seguito
tornato come professore. Ritenuto dai suoi ex allievi molto severo, è ricordato
come un uomo che li spronava sempre a seguire i loro sogni chiedendo loro di
rialzarsi dopo una caduta e riprovare. La sua carriera di scrittore iniziò dopo
una promessa fatta al padre prima di morire. Racconta di non aver mai avuto un
buon rapporto con lui, ma i giorni che precedettero la sua morte furono per
loro importanti per riuscire a chiarire cose rimaste in sospeso. Camilleri, per
la prima volta, gli confida di avere il desiderio di scrivere un romanzo. Il
padre fu subito entusiasta dell’idea e gli fece promettere che lo avrebbe
scritto e pubblicato. Infatti, dedica proprio a lui il suo primo romanzo
affermando che “non gli ha insegnato nulla se non ad essere ciò che è”. Dedica
bellissima in cui traspare il forte
legame con la famiglia. Ah, a proposito di famiglia sapevate che Andrea
Camilleri è cugino di Luigi Pirandello? È divertente la storia che ha
raccontato sulla prima volta che lo ha incontrato. Ricorda ancora l’emozione
provata dalla nonna nel rivederlo ormai ammiraglio dopo tanti anni. Ciò che
rende Camilleri così speciale sono i valori che ha continuato ad avere,
nonostante la sua fama. L’umiltà è, forse, ciò che lo diversifica dagli altri.
In pochi, dopo aver venduto milioni di copie in tutto il mondo, continuano a
vivere con semplicità la loro vita ed in tanti rimangono sconcertati di fronte
alla sua umile casa e alla sua vita.
È bellissimo ciò che dice
della moglie e degli affetti. Nulla lo spaventa, la morte è soltanto qualcosa
compresa nel prezzo del biglietto ricevuto alla nascita, spiega lo scrittore.
Ma ciò che potrebbe distruggerlo emotivamente sarebbe soltanto la perdita degli
affetti. Il rapporto con la moglie ha
sempre avuto un ruolo fondamentale nella sua vita. La nipote li definisce
liberi e la libertà è proprio uno degli ideali più importanti del suo pensiero.
Racconta di un suo professore ritenuto da lui un “maestro di vita” che insegnò
loro ad essere dei veri uomini e che gli spiegò il vero valore della libertà; vivendo
nel periodo fascista aveva l’obbligo di indossare una camicia nera, ma vergognandosi
di ciò teneva sempre il cappotto abbottonato fino al collo.
Ritiene il suo lavoro di
scrittore un hobby perché, qualora questa sua passione degenerasse in lavoro,
non riuscirebbe più a trovare l’ispirazione. Critica, in qualche modo, i suoi
colleghi che faticano a trovare idee per i loro libri. Paragona lo scrittore ad
una trapezista di un circo equestre che mostra agli altri le proprie abilità,
passioni e capacità senza rivelare allo spettatore la fatica fatta. In quei
novanta minuti siamo circondati da così tanta cultura, passione e simpatia che
persino una “parolaccia” di troppo non crea sgomento. Forse l’insegnamento più importante, che ha
dato a tutti ma in particolare ai giovani, è di essere sempre se stessi; è
difficile, al giorno d’oggi, trovare un adolescente che riesca a mostrare se
stesso fino in fondo; vuoi per timidezza, vuoi per diffidenza, vuoi per cercare
di farsi accettare dalla comitiva inizia a nascondere una parte di se stesso
che prima o poi finirà per apparire. Secondo me, è molto educativo ed importante introdurre
autori come Camilleri nel percorso formativo degli studenti perché, a parte la
sua grande produzione, è veramente un maestro di vita e mi ritengo davvero
fortunata di avere il privilegio di vederlo ed averlo conosciuto ancora in
vita.
“Dentro il labirinto”
di Andrea Camilleri
All’interno del libro
Camilleri indaga sulla morte di Edoardo Persico, un intellettuale assai noto
all’epoca del fascismo, che morì in circostanze che non furono mai chiarite. La
motivazione ufficiale della sua morte fu quella che vede il protagonista
stroncato da un infarto, ma giravano voci che si potesse trattare di un
omicidio passionale o di un assassinio politico. Era risaputo che Persico
avesse lavorato alcuni anni come manovale alla FIAT di Torino dove, divenuto
amico dei pittori Calo Levi e Lionello Venturi, aveva sostenuto un gruppo di
artisti noti come il “gruppo dei Sei”. Antifascista dichiarato, una volta
giunto a Milano iniziò ad acquistare una certa fama. Camilleri analizza i documenti
relativi alla sua morte cercando, con la sua immaginazione, di scoprire la
verità tra ambiguità e menzogne.
Raccontando gli eventi
Camilleri li propone in maniera ordinata seguendo un preciso ordine
cronologico. Nella prima parte del racconto mette insieme tutta una serie di
prove del decesso, invece nella seconda parte tenta di ricostruire gli
avvenimenti che portano alla morte. Nella
storia prevalgono le sequenze narrative relative al racconto degli avvenimenti
della vita del protagonista ma ci sono
anche sequenze descrittive e soprattutto riflessive, che si possono trovare
nella seconda metà del libro, in cui Camilleri fa un resoconto personale della
vicenda. Non ci sono tecniche narrative
come flashback, prolessi o ellissi; gli avvenimenti vengono narrati in ordine
cronologico, quindi secondo la fabula.
La vicenda si verifica
nel periodo di maggior sviluppo del fascismo e vede la morte del protagonista
l’11 gennaio del 1936.
Il protagonista della
storia è Edoardo Persico, un intellettuale assai noto per la sua fama di
critico, giornalista ed architetto, vissuto in epoca fascista. Trasferitosi a
Milano iniziò ad acquistare una certa notorietà per i suoi gesti stravaganti e
per il suo antifascismo dichiarato.
Il linguaggio utilizzato
all’interno del libro è semplice, non sono presenti frasi in siciliano, a
differenza di molti altri libri dell’autore.
La lettura di questo
libro è scandita in due momenti: una prima parte documentaria con precisi
riferimenti alla cronaca di quei tragici ultimi giorni della vita del
protagonista e una parte romanzata, in cui Camilleri tenta di dare una
soluzione ad una vicenda rimasta tutt’oggi irrisolta. Leggendo la prima parte
del libro si trova una perfetta ricostruzione dei fatti sulla base di documenti
ma la lettura, secondo me, risulta essere un po’ noiosa. Ho divorato, invece,
gli ultimi tre capitoli in cui l’autore dà la sua versione dei fatti
ricostruendoli, attraverso la finzione letteraria, nello stesso modo in cui
rimetterebbe insieme i pezzi di una vicenda il commissario Montalbano. Ritengo
che questa non possa essere considerata tra le migliori opere di Camilleri, ma
“Dentro il labirinto” rimane comunque un libro che aiuta a comprendere meglio
la vicenda della morte irrisolta di uno degli artisti poliedrici più noti del
XX secolo.
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