Commento personale all' intervista ad
Andrea Camilleri “il maestro senza regole”
Paolo Giordano VB Liceo Classico
Dall’intervista rilasciata da Camilleri all’attrice comica Teresa Mannino, siciliana come lui, emerge la grandissima personalità dello scrittore in tutte le sue sfaccettature: quella umana, culturale, psicologica e professionale.
Dal punto di vista
professionale ed intellettuale emerge il suo grande amore per la lettura, sua
compagna di vita; con rammarico rimpiange che all’età di ottantott’anni la sua
salute non gli permetta più di “gustarsi” le pagine di un libro e considera ciò
la punizione peggiore che qualcuno gli potesse mai infliggere.
Riferisce inoltre che
questo suo amore per il racconto gli è stato trasmesso dalla nonna che, da
piccolo, spesso gli raccontava storie inserendo, di volta in volta, parole da
lei inventate che poi lui amava
reinterpretare.
Deve invece la stesura
del primo libro al padre che, quasi in punto di morte, lo invitava a mettere
per iscritto ciò che gli aveva raccontato durante una notte passata insieme,
insistendo affinché non cambiasse nulla, neanche il linguaggio utilizzato,
quel misto di italiano e dialetto, che
in futuro sarebbe stato il suo marchio di fabbrica e ciò che lo avrebbe reso
famoso.
Dal punto di vista umano,
dall’intervista emerge un personaggio umile; ciò si evince anche da come ne
parlano gli stessi amici di Porto Empedocle, che vedono in lui un esempio da
imitare e da seguire, oltre che i parenti intervistati da Teresa Mannino nel
suo paese natio. Camilleri, nella sua vita, è stato capace di instaurare
bellissime amicizie con tutti; non disdegna l’amicizia del ristoratore del suo
paese, uomo semplice e peraltro con qualche guaio con la legge (infatti i due
si conobbero la prima volta in carcere), sia con gente molto colta, del calibro
di Elvira Sellerio, che in seguito sarà la sua editrice e che lo considererà
quasi come un fratello. Emblematico nella sua
vita sarà il ruolo del suo professore di italiano al liceo, il quale si faceva pagare simbolicamente per
attirare l’attenzione, perché aveva capito che gli allievi, pagando, avrebbero
preteso di imparare il più possibile, persino coloro che fino a quel momento si
erano mostrati del tutto disinteressati. Inoltre, la sua vecchia pagella dimostra come in realtà non sia stato poi
così diverso da molti studenti a scuola:
aveva insufficienze in latino e in greco! Camilleri, con le sue parole, ha sottolineato
l’importanza di saper scegliere un lavoro che ci coinvolga e piaccia così da
non risultare pesante e noioso.
Significativa è infatti l’immagine del
funambolo che affronta i suoi salti col sorriso e senza trasmettere mai la
fatica, l’impegno e le ore di allenamento che stanno dietro all’esibizione.
Nella parte finale
dell’intervista poi racconta il rapporto col padre, inizialmente più freddo e
distaccato, poi, a causa della malattia, più stretto e confidenziale. Negli
ultimi mesi di vita si erano detti tutto ciò che non si erano confessati
in precedenza e così, dichiara, che
non poteva non essere dedicato al padre
il suo primo libro “Il corso delle cose” e lo ringrazia nella
dedica presente nella prima pagina “di non avergli insegnato nient’altro che di
essere se stesso.”
Personalmente sono
rimasto particolarmente sorpreso dall’umiltà che ha mostrato di avere,
nonostante l’incredibile fama di cui gode sia in Italia che all’estero,
insiste fino alla fine dell’intervista
di non voler esser chiamato maestro,
perché non si ritiene di meritare
questo appellativo, sa di non
sapere e che c’è una verità più grande, un po’ come Socrate, ma vuole piuttosto
essere considerato un semplice consigliere.
“La forma dell’acqua”
di Andrea Camilleri
Il romanzo, pubblicato nel 1994, è la prima della lunga serie delle inchieste di Montalbano. L'autore scrive con uno stile personale facendo largo uso del dialetto e soffermandosi su luoghi o fatti che aiutano alla comprensione: si vedono i quadri, si sentono gli odori, si gustano i sapori di piatti prelibati. Il narratore, che è onnisciente, si chiede e si interroga, insieme al personaggio principale, del perché di ciò che accade e fa congetture e supposizioni sui fatti che avvengono in questo paesino siciliano, Vigata, non del tutto inventato dall’autore, infatti si rifà ad un paesino dell’agrigentino, suo luogo di provenienza; la vicenda si svolge in un periodo storico non precisato ma probabilmente nel XX esimo secolo.
Il protagonista è “Salvù", il commissario Salvo Montalbano,
prima uomo e poi commissario, personaggio di una rettitudine e sensibilità
umana difficili da conservare in una terra piena di contrasti e continui
compromessi. Burbero, un po' iroso, umano. In alcuni casi gioca a fare Dio ma
arriva sempre a capire e a risolvere i problemi che gli si presentano.
Ci sono, come è naturale che ci siano, dei personaggi davvero
inquietanti: per esempio, l'avvocato Rizzo, l’erede spirituale dell’attività
politica di Luparello che quando gli viene comunicata la notizia della morte
non ha nessuna reazione e non chiede spiegazioni. È un uomo falso e
opportunista, invischiato con i politici e le persone di potere. Non ci sono
dati sull’aspetto fisico, ma viene descritto come un uomo elegante ed
estremamente curato. È il cattivo della
storia, ma non il colpevole di tutto e alla fine avrà la vita che si merita.
Molti sono gli interessi in gioco, inoltre ci sono anche figure bellissime di
donne dal carattere dignitoso e dotate di un intelletto superiore nel capire le
cose, come la signora Luparello; mentre ce ne sono altre che si lasciano
facilmente coinvolgere negli eventi, soltanto perché la loro reputazione non è
esente da macchie, come Ingrid Sjostrom. Troviamo poi Livia, la compagna di
Montalbano, fedele e paziente della quale non traspare alcun particolare
fisico; Pino Catalano e Saro Montaperto
due geometri disoccupati che ritroveranno il cadavere e Giorgio Luparello, un
giovane di circa vent’anni, alto, biondo e dal corpo perfetto. Un ragazzo
debole e fragile, affezionato allo zio ucciso tragicamente, sente molto la sua
mancanza.
Personalmente mi è piaciuto molto il titolo dell’opera “La forma
dell’acqua” perché rispecchia pienamente la vicenda, come a dire che è l’uomo
ad attribuire alle cose i significati che vuole. L’acqua assume la forma del recipiente in cui
la mettiamo ed anche la verità assume la forma che ci fa più comodo. Tuttavia, a
causa forse delle mie grandi aspettative o per la semplicità e la brevità del
libro, non sono riuscito a “vivere” la storia in prima persona. Inoltre ho
notato in alcuni passi dell’opera
un’eccessiva descrizione di particolari non necessari e poco significativi e in
certi casi alcuni personaggi compaiono dal nulla. Comunque essendo il primo
libro che leggo di quest’autore non
ritengo di essere in grado di poter dare un giudizio più circoscritto.
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