Commento personale all’intervista ad
Andrea Camilleri “il maestro senza regole”
Sabrina Casanova III B Liceo Classico
Durante la
presentazione del romanzo di Camilleri “Inseguendo un’ombra”, Teresa Mannino,
nota attrice comica, insieme ad altri autorevoli personaggi del mondo della
cultura e dello spettacolo, decanta le doti narrative dello scrittore. Bramosa
di approfondire la sua conoscenza, si autoinvita a casa sua proponendogli
un’intervista. Inizia così un lungo ma appassionante viaggio tra la Sicilia e
Roma dove lo scrittore risiede. L’attrice viene ospitata nel piccolo ma
accogliente studio di Camilleri il quale apprezza i doni portatigli
dall’attrice. Si avvia così un tranquillo e pacato racconto dei momenti
salienti della vita dello scrittore. Una delle frasi più belle che mi ha
colpita durante l’intervista è l’idea di non farsi chiamare “ maestro”.
Preferisce definirsi un trapezista della letteratura sostenendo che vuole
deliziare il lettore e non fargli sapere con quanta fatica viene composta un’opera.
Camilleri rievoca con mente lucida gli anni di scuola, gli amici, i professori
che gli hanno trasmesso quei valori e principi su cui ha fondato la sua vita.
Mi ha colpita molto la parte dell’intervista in cui Camilleri attribuisce un
ruolo fondamentale alla famiglia e soprattutto alla moglie Rosetta. Un altro
momento commovente e doloroso è stato
quando, parlando della sua vita privata
più intima rievoca gli ultimi istanti prima della dipartita del padre. A mio
avviso Camilleri è un grande artista e un grande uomo.
“Un sabato con gli amici’’
di Andrea Camilleri
Il racconto ruota
intorno a sette amici, sette vite segnate da profondi traumi infantili che
appesantiscono l’anima e si ripercuotono durante l’età adulta. A complicare
ulteriormente la situazione ci sono anche i momenti presenti che, difficili
quanto quelli passati, accrescono la loro fragilità. Tre sono le coppie
apparentemente affiatate: Anna è sposata con Matteo, Andrea con Renata, Giulia
vive con Fabio, l’unico rimasto distante dal resto del gruppo è Gianni, amico
gay, ed è proprio la sua presenza la causa di ricordi ormai sepolti dai singoli
protagonisti in un lontano e remoto passato. Infatti durante una cena che li
vede riuniti accadono varie peripezie e
fatalità che distruggono quel “castello di sabbia” di felicità che ognuno di
loro si era abilmente creato.
In questo romanzo non
troviamo elementi temporali che ci consentano una collocazione temporale
definita della vicenda, che potrebbe svolgersi ai giorni nostri, quando i ragazzi
di un tempo sono ormai adulti e hanno intrapreso un percorso lavorativo. I
luoghi sono reali ma non definiti, il gruppo di amici si ritrova infatti
in una casa. La tipologia prevalente di sequenze è quella narrativa, il ritmo
narrativo è intrigante ed incalzante. La storia segue l’intreccio, infatti sono
presenti molte analessi. La voce narrante è onnisciente.
Caratterizzazione dei
personaggi
Camilleri nel
descrivere i personaggi si sofferma sull’analisi del loro inconscio, su
avvenimenti dolorosi quali la mancanza d’affetto da parte di genitori, parenti
ed amici; suicidi familiari, anche se cancellati dalla propria memoria, sono
attivi dentro il loro ‘’io’’ e riaffiorano facilmente. I personaggi nell’età
adulta si celano dietro le loro maschere di normali borghesi; ognuno segue
modelli e ruoli che la società e l’evoluzione culturale gli ha imposto come
forme fisse, imprigionate nel loro essere. Gli unici personaggi descritti
fisicamente sono: Matteo, Renata e Gianni. Matteo è un uomo di quarant’anni con
un fisico ‘’perfetto’’(senza aver mai fatto ricorso a palestre e saune),
soltanto i denti lasciavano alquanto a desiderare, mentre da ragazzo fumava,
ormai adulto lo detesta. Renata detta ‘’Rena’’ ha gli occhi grandi e verdi,
durante l’adolescenza soffre per lungo tempo di una variegata serie di malattie
(costretta a stare tra il letto di casa e il letto della clinica) ed infine
Gianni che viene descritto dall’autore con le medesime parole: “Dopo dieci anni la stessa faccia d’angelo
caduta per errore in terra, lo stesso sguardo stupito ed i lunghi capelli biondi’’
nel corso della storia intraprenderà la carriera politica candidandosi nel
partito comunista gay.
Camilleri
discostandosi dal linguaggio usato nei romanzi del commissario Montalbano
cambia registro linguistico. Le parole sono fredde, taglienti ed aspre; sembra
quasi non provare pietà per le vite travagliate dei personaggi, sottoposti ad
una privatizzazione d’affetto, d’amore che li trasforma in esseri meschini,
crudeli, consapevoli delle loro riprovevoli azioni. Il passato, anche se
“celato’’, riaffiora causando ansie, incubi e depressioni. Camilleri denuncia
questi comportamenti definendoli addirittura immaturi.
Per quanto mi riguarda
considero questo romanzo uno dei migliori di Camilleri per il coinvolgimento
emotivo che mi ha trasmesso leggendolo.
“La scomparsa di Patò”
di Andrea Camilleri
Durante la
consueta sacra rappresentazione della via Crucis svoltasi a Vigata in Sicilia
il 21 Marzo 1890, il ragioniere Patò, uno dei protagonisti della recita,
svanisce nel nulla. Definito da tutti uomo integerrimo, rispettabile,
apprezzato, la sua scomparsa suscita innumerevoli perplessità e domande. La
delegazione di pubblica sicurezza, la stazione dei carabinieri e i vari
quotidiani formulano una serie di congetture: amnesia, mafia o fuga? Giorni di
ricerca che finiscono però con lo smascherare la vera identità del ragioniere
Patò.
Traendo
ispirazione da un libro di Leonardo Sciascia “A ciascuno il suo”(come da
prefazione), Andrea Camilleri rielabora un evento realmente accaduto nel 1819 e
da questo episodio scrive il romanzo “La scomparsa di Patò”. Il racconto si
svolge in un arco temporale tra il 21 Marzo 1890 (un venerdì prefestivo-venerdì
santo) e il ritrovamento di un corpo in stato di decomposizione in data 28
Aprile 1890. La storia è ambientata a Vigata, provincia di Montelusa, e lo
scenario è quello di una Sicilia ottocentesca e arretrata. La storia segue l’
intreccio, infatti l’accaduto non viene esposto in ordine cronologico. Nel
romanzo non è presente la voce narrante, i fatti si presentano al lettore come
un dossier ossia un insieme di articoli di giornali tratti da “L’araldo di
Montelusa” e la “Gazzetta dell’isola”; da una serie di documenti della stazione
dei reali carabinieri di Vigata e della regia questura di Montelusa ; da
lettere e scritte anonime sui muri. Camilleri affida al lettore il compito
d’investigare al fine di ricostruire gli eventi accaduti. Anche il linguaggio è
consono all’epoca in cui è ambientata la vicenda con vari codici linguistici:
da quello giornalistico di denuncia a quello di plagio, dal registro
burocratico degli atti ufficiali a quello di favoritismi ed intercessioni; dal
linguaggio agiografico della gente (invoca la fede come soluzione del mistero)
a forme dialettali “Murì Patò o
s’ammucciò?”
Caratterizzazione
dei personaggi
Il
personaggio attorno al quale si sviluppa la storia è il ragioniere Patò, un
uomo che dietro la maschera di corretto direttore di banca, funzionario
ineccepibile, marito integerrimo e padre amorevole ed apprezzato, cela una
personalità ben diversa. Si rivela corrotto, inaffidabile, traditore nei
confronti dei suoi superiori e della moglie, assente nella vita dei figli,
artificioso (infatti redige una lettera anonima per far credere alla sua
scomparsa). Patò, secondo me, per vari aspetti rispecchia molti personaggi
della nostra società. Il lettore attraverso i documenti viene messo a
conoscenza dello sviluppo della vicenda ma anche dei dissapori dovuti alla
rivalità tra pubblica sicurezza e carabinieri. Un gioco divertente ed ironico
durante la lettura dove in un registro anche ufficiale e burocratico emergono
scherzi, discordie e antipatie (tutte estranee al caso). Camilleri rappresenta con abilità la
corruzione dilagante, i giochi di potere, l’omissione della realtà per la
difesa dell’immagine e del prestigio
sopra ogni cosa. Le autorità non sono degne del ruolo che rivestono, arrivano
in ritardo agli appuntamenti (la
rappresentazione iniziò con trenta minuti di ritardo in quanto si attendeva
l’arrivo delle autorità), partecipano alla vita cittadina non per piacere
ma per dovere. Si racconta anche di una Sicilia arretrata, abbandonata, abitata
da contadini, pescatori e gente ignorante dedita al lavoro e alla fatica,
ragazzini petulanti e pettegoli. In un contesto di degrado si innesca però la
curiosità, l’istigazione, un modo per evadere dalla routine, dall’indifferenza
dell’inettitudine del quotidiano. Si paventano ipotesi, si innescano tresche,
si inviano lettere anonime e compaiono scritte sui muri. Si indaga su un mondo
omertoso fatto di ‘sentito dire’ e dicerie. Camilleri prova pena e compassione
solo per la figura della moglie di Patò e addolcisce ‘la penna’ per descriverla
come una donna ingenua, candida, timida, vittima del marito e della società
che, dinnanzi all’evidenza della realtà, rimette al dubbio e alla perplessità.
Nel romanzo anche i quotidiani rivestono un ruolo importante: “L’araldo di
Montelusa” si rivolge al pubblico in modo solo informativo, mentre la
“Gazzetta dell’isola” è più istigatrice, allusiva quasi ad essere testimoni
privilegiati della cronaca, coglierne ogni dettaglio possibile formulando
opportuni giudizi.
“La scomparsa di Patò” è, secondo me, un romanzo interessante ed intrigante e,
anche se ambientato nell’800,
rappresenta uno scenario attuale. Un repertorio di tradizioni, costumi e
malcostumi presenta tutta la Sicilia con i suoi aspetti positivi e negativi; un
mondo fatto di sotterfugi, equivoci e tradimenti sia verso i cittadini che
extraconiugali. Camilleri denuncia con ironia, in modo burlesco, le istituzioni
con i suoi emblemi politici della corruzione e degli intrighi. Camilleri come
Verga, Sciascia e Pirandello, tramite la voce dei protagonisti in un italiano
ostentato con lessico dialettale fa riflettere sullo sgretolamento della
società. Un romanzo che appassiona il lettore tanto da leggerlo senza
interruzione per scoprire il finale.
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