Teresa Mannino intervista Andrea Camilleri
“il maestro senza regole”
Erika Ilacqua III B Liceo Classico
Tempo fa io e la mia classe abbiamo visto a scuola l’intervista
di Andrea Camilleri fatta da Teresa Mannino per poter intraprendere la lettura
dei suoi libri in modo più chiaro e per poter conoscere l’autore in modo
diretto. Personalmente quest’intervista ha suscitato in me un profondo
interesse, ma soprattutto mi ha fatta riflettere su molte frasi dette da lui
che pensandoci, si sono rivelate emozionanti e con un significato molto
profondo. L’intervista inizia con l’incontro dei due all’ Auditorium, alla
presentazione dell’ultimo libro di Andrea Camilleri, e inizialmente viene
sottolineata l’enorme emozione che prova Teresa Mannino. Successivamente si
incontrano a casa del grande “maestro” e iniziando a conoscersi, Camilleri
racconta di sé. Una delle prime frasi che mi ha emozionata di più è quella in
cui cita la trapezista che,nonostante la fatica dell’allenamento, si dimostra
bella, sorridente e con una leggerezza unica. Lui la definisce il suo “ideale”
e spiega a Teresa Mannino che è così che vorrebbe vivere, senza mostrare a
nessuno la sua fatica nello scrivere. Questa, secondo me, è una frase che
ognuno di noi dovrebbe prendere in considerazione nella vita quotidiana perché,
nonostante i sacrifici che ognuno di noi fa, la cosa migliore è sempre
sorridere e affrontare anche i momenti più difficili con molta serenità.
Camilleri, durante l’intervista, racconta anche della visita di Luigi
Pirandello a casa sua. Lui era molto piccolo ma ricorda la forte emozione che
provarono sua nonna e i suoi genitori nell’incontrare il grande ammiraglio che
tra l’altro era anche suo cugino. Penso però che la parte che mi ha più
emozionata e che, credo, abbia emozionato un po’ tutti, è il racconto
riguardante il rapporto con il padre che si ammalò di tumore e poco dopo morì.
Camilleri trascorse con lui il tempo concessogli e riuscirono a chiarire molte
cose che prima erano rimaste in sospeso. Una sera, racconta, disse al padre di
voler scrivere un romanzo e lui, che era un ottimo lettore, lo costrinse a
farlo precisamente come l’aveva raccontato a lui. Il racconto dettagliato della
morte di suo padre provoca in me, anche adesso riascoltando l’intervista,
un’emozione molto forte. Camilleri ci fa riflettere sul fatto che ognuno di noi
alla nascita riceve un ticket; la nostra vita, quando nasciamo, è già scritta.
Tutte le nostre avventure, la giovinezza, la vecchiaia, i piaceri, la maturità
e infine la morte sono cose che sono destinate ad essere e noi dobbiamo essere
consapevoli di dover morire e accettare tranquillamente la morte. “Non ti puoi rifiutare di morire, è compreso
nel biglietto!” afferma Camilleri. Personalmente credo che ognuno di noi dovrebbe accettare il
fatto che morire fa parte della nostra storia e, essendo consapevoli di ciò,
dovremmo cercare di vivere la vita nel migliore dei modi.
“La gita a Tindari”
di Andrea Camilleri
Il libro intitolato “La gita a Tindari”
scritto da Andrea Camilleri tratta l’inchiesta affrontata dal commissario
Montalbano e dalla sua squadra riguardo l’assassinio di un ragazzo, Nenè Sanfilippo,
e di due coniugi anziani, i signori Griffo. Inizialmente la polizia cerca di
capire i motivi dell’uccisione di questi tre uomini che abitavano nello stesso
palazzo, in via Cavour, interrogando tutti i vicini che si trovavano negli
appartamenti dell’edificio per capire se tra il ragazzo e i due coniugi ci
fossero dei rapporti. Hanno da tutti una risposta negativa, in quanto i due
vecchietti erano molto riservati. I signori Griffo, prima della scomparsa,
erano stati visti per l’ultima volta in una gita a Tindari.
La vicenda accade alla fine degli anni
novanta, nell’arco di qualche settimana.Il luogo
principale in cui si svolge è Vigàta, dove lavora Montalbano, un paesino
siciliano in provincia di Montelusa, non molto lontano da Montereale e da
Marinella, dove egli abita, piuttosto distante dalle grandi città di Trapani,
Messina e il santuario di Tindari.Il ritmo narrativo è veloce ma anche
in equilibrio, infatti nel racconto troviamo soprattutto sequenze narrative e
dialogiche. La narrazione segue l’intreccio perché ci sono delle analessi per
la ricostruzione degli indizi e la risoluzione finale del caso.
Il narratore è onnisciente ma il punto
di vista è interno alla narrazione.
Caratterizzazione
dei personaggi
Il protagonista è Salvo
Montalbano, il commissario di Vigata, dotato di lucida capacità di giudizio su
fatti e persone. Egli è un uomo sulla cinquantina, onesto, non corrotto dai
politici locali e sempre pronto ad aiutare i deboli. È solitario e ama molto il
mare. L’antagonista è il dottor Ingrò , un famoso chirurgo con la
mania della collezione di quadri molto costosi, coinvolto in questa storia in
quanto costretto dalla mafia ad operare trapianti illegali. Per quanto riguarda
i personaggi secondari incontriamo invece Livia, che è la fidanzata di
Montalbano, fedele e molto paziente; Catarella, che lavora al centralino del
commissariato ed è piuttosto ignorante ma dotato di un notevole senso pratico;
Fazio, uomo leale, talvolta intrappolato nella sua mente logica e rigorosa, fa
parte della squadra di Montalbano; Mimì Augello, vice di Montalbano e suo
indispensabile confidente, è un punto fermo della squadra e in questa storia si
innamora di Beba; Don Balduccio Sinagra, il vecchio boss della mafia
palermitana, “uno scheletro vestito”
che non ha perduto il carisma benché la nuova mafia faccia oscillare la sua
autorità; Nicolò Zito, l’amico giornalista di Montalbano, che riceve sempre da
lui gli scoop a condizione che dica quello che lui vuole. Compaiono all’interno
della storia Beatrice, una bella ragazza alta, bionda e snella che si
innamorerà di Mimì; Nenè San Filippo, il giovane assassinato, amante delle
donne e dei computer; il questore Bonetti-Alderighi, rigido nei confronti di
Montalbano; i coniugi Griffo, i due pensionati uccisi; il figlio Davide;
l’avvocato Guttadauro, prediletto dai mafiosi; Don Saverio Crucillà, “patre spirituale” del nipote di Don
Balduccio; Vanja Titulescu, trentunenne rumena e sposata con il ricco
chirurgo Ingrò; i vari anziani che si erano recati a Tindari con i Griffo e che
invadono il commissariato.
Personalmente questo
libro mi ha affascinata parecchio ed è stato sicuramente il poliziesco più
bello che io abbia letto. Le tematiche mi hanno colpita molto, soprattutto
perché ad un certo punto i fatti cominciano ad ingarbugliarsi a tal punto da
confondere il lettore ed allo stesso tempo da spingerlo ad immedesimarsi nel
commissario per cercare di trovare una soluzione al caso. Lo scrittore ha
però poi la capacità di portare tutto a posto, permettendo al lettore di
riuscire a ricostruire la vicenda partendo da un’ipotetica soluzione che poi si
dimostra essere quella autentica. Ritengo sia un libro molto scorrevole anche
grazie allo stile e alle tecniche narrative utilizzate da Camilleri; nella
narrazione troviamo molti termini in dialetto siciliano che rendono il racconto
adeguato all’ambientazione in cui si svolge la vicenda.
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