Commento personale all’intervista ad
Andrea Camilleri “il maestro senza regole”
Anna Cento V A Liceo Classico
Ho apprezzato molto
l’intervista che qualche giorno fa abbiamo avuto la possibilità di vedere a
scuola. Io personalmente non l’avevo potuta vedere quando era stata mandata in
onda sulla RAI ed ero curiosa di ascoltarla. L’intervista è intitolata “Il
maestro senza regole”, dedicata ad uno degli scrittori italiani più amati,
Andrea Camilleri, nella ricorrenza del suo compleanno, con la partecipazione
dell’attrice e comica Teresa Mannino. Teresa è riuscita a trasformare l’intervista in un’autobiografia, che lo
stesso Camilleri con la sua voce profonda e roca ci fa conoscere. Sentire
Andrea parlare, forse è meglio che leggere i suoi libri perché riesce con il
suo tono, la sua arte oratoria e la battuta sempre pronta ad ammaliarti e farti
rimanere ad ascoltarlo per ore, senza stancarti. Camilleri forse inconsciamente
o forse no, mentre ci racconta di lui ci regala alcune piccole “pillole di
vita” e ci sono in particolare due o tre affermazioni in cui io mi sono
ritrovata. “Se la mia scrittura deve degenerare in lavoro, io non scrivo più!”
Camilleri ci mostra come le passioni non devono diventare degli obblighi ma,
viceversa, si dovrebbe fare del nostro lavoro la nostra più grande passione. Se
a noi piace fare una determinata cosa , come scrivere per Camilleri, non è un
problema lavorare fino a tardi e faticare, perché saremo ripagati dai nostri
successi, viceversa avremo solamente insoddisfazioni. Ed è bello quando si
paragona ad una trapezista del circo che mostra al pubblico la bellezza di ciò
che fa, sempre col sorriso sul volto, senza far trasparire la grande fatica e
il duro lavoro che vi è dietro; altrimenti non affascinerebbe cosi tanto i suoi
spettatori. Durante l’intervista emerge
la figura di un grande scrittore ma prima ancora di un amato e rispettato
maestro di scuola teatrale. Un uomo che si allontana dai bisogni materiali ma
non dalle sue sigarette ed incentra invece il suo bisogno primario sugli
affetti e in particolare sul ruolo delle donne della sua famiglia. La madre e
la suocera che l’hanno viziato in quanto giovane uomo di casa, le figlie e le
nipoti che lo fanno sentire amato, la nonna che gli raccontava le storie e
forse più di tutti sua moglie, che nonostante sia sempre stata in disparte o
nell’ombra è il pilastro dello stesso Camilleri.
Camilleri in questa intervista
si è rivelato quindi così com’è realmente, senza maschere o finzioni,
dimostrando ancora che ciò che rende un uomo grande non è ciò che ha ma il
saper essere se stessi, mostrarsi nella propria semplicità senza farsi mai scalfire
da ciò che ci circonda.
“Il tailleur grigio”
di Andrea Camilleri
Nel corso della sua lunga e prestigiosa carriera di alto
funzionario di banca e di fedele marito, il protagonista appena andato in
pensione ritrova vecchie lettere anonime che gli erano state inviate, quando
ancora era agli inizi della sua carriera; l’ultima è la più recente e insinua
dubbi sulla fedeltà della moglie Adele. Camilleri la definisce una “femme fatale”, una donna dotata in egual
modo di ferina sensualità e di un gusto sobrio, soprattutto nel vestire.
Nessuno, cosi, si stupisce che in alcune particolari circostanze ami indossare
un serioso tailleur grigio. Ma questo vestito assume un profondo significato
simbolico. Un significato che sarebbe forse meglio non conoscer mai…
Il lettore si sente come intrappolato fra la fabula e
l’intreccio di questa storia. Nella parte iniziale e finale, la storia è
trattata secondo una successione temporale degli eventi, niente colpi di scena
o eventi inaspettati. Nella parte centrale del romanzo, invece, l’intreccio si
fa avanti, dando vita alla storia. Il ritmo è scandito fra macrosequenze
narrative e descrittive, che riescono a catturare l’attenzione del lettore.
L’esempio più bello è quello della discussione della lunga “cerimonia di
bellezza” di Adele che inizia con una
accurata purificazione del suo corpo in ogni sua parte fino all’attenta scelta
del vestiario. Non mancano, tuttavia, intervalli con scene dialogate, anche se
brevi e isolate, e psicologiche dove il protagonista riflette e pensa fra sé e
sé. La storia pertanto, potrebbe risultare molto rallentata e lunga, ma non per
questo noiosa da leggere. Camilleri utilizza nel raccontare questa storia
numerosi flashback che iniziano nel
momento in cui il protagonista ritrova tre lettere anonime, ricevute
molto tempo prima. Non mancano anche le pause che fanno luce su alcuni punti o
che danno adito ad alcune riflessioni. Il tempo non è ben precisato ma in linea
generale possiamo parlare degli anni ’80/’90. La storia si svolge
prevalentemente in luoghi chiusi, come la grande casa in cui il protagonista
vive insieme alla moglie Adele e l’ospedale nella parte finale del racconto. Il
linguaggio è semplice e scorrevole. Camilleri fa il consueto doppio uso
dell’italiano e del dialetto siciliano.
Caratterizzazione dei personaggi
- Il protagonista è un prestigioso
funzionario di banca, di cui non si conosce il nome. Un uomo molto preciso ed
abitudinario; si alzava sempre allo stesso orario, prendeva il caffè solo dopo
aver letto il giornale. Non abbiamo molte informazioni sull’aspetto fisico,
sappiamo solo che è un uomo dai capelli rossi e la pelle molto chiara quasi
bianca; è fortemente attaccato al suo lavoro tanto che, quando va in pensione,
si sente quasi perso. Un uomo che dà per scontati i suoi sentimenti nei
confronti della moglie, allontanandola inconsciamente sempre di più, al punto
da accettare passivamente i suoi numerosi tradimenti.
- Adele è la sua
bellissima e giovane seconda moglie. Camilleri la definisce come una splendida
e irresistibile “femme fatale” dai
capelli biondi e lunghi. Una donna sia estremamente sensuale, bella da taliare nella sua cerimonia ogni mattina
davanti allo specchio, ma allo stesso tempo di gusto sobrio ed elegante. Bella
ma arida di sentimenti, come un deserto, incapace di provare un sentimento di
umanità per suo marito? Oppure Adele è stata spinta proprio da lui nelle
braccia dei suoi amanti, per il suo attaccamento al lavoro e per averla
trascurata? La descrizione di Adele si completa man mano che si va avanti con
la lettura del romanzo, diventando un mistero che attrae sia il protagonista
che lo stesso lettore. Un mistero che parte con quel particolare abito, il
tailleur grigio, che dà il titolo al libro, indossato solo in particolari
occasioni da Adele, bella e terribile all’unisono.
- Daniele è il nipote, dalla parte della moglie, della coppia
siciliana. È il figlio degli zii di Adele, che si sono presi cura di lei quando
era piccola essendo rimasta orfana. Daniele è uno studente di medicina che la
coppia ospita in casa, con i capelli biondi e il corpo scultoreo, nonostante sia
appena diciannovenne.
Diversamente dalle molte recensioni e giudizi
che ho letto, che ritengono questo romanzo di Camilleri adatto solo a “due ore
perse di lettura”, lo definiscono “ un libro vuoto” e danno un giudizio
solamente negativo di Adele, io invece vedo un
lato positivo. Per me il comportamento ambiguo di Adele non è totalmente
negativo perché potrebbe essere dovuto ad una mancanza d’amore o, meglio, ad
una non conoscenza del vero amore. Lei stessa, confidandosi col marito, gli
rivela gli abusi subiti appena adolescente dallo zio, considerandoli come
qualcosa di ineluttabile. Questo avrebbe potuto portare Adele a concedersi a
molti uomini, poiché non capiva l’importanza del suo corpo o dava per scontato
che qualcuno la potesse amare al di fuori della sua bellezza. Finalmente, però,
incontra questo funzionario di banca che la ama follemente ed è l’unico, come
dice lei, ad essersi comportato con lei come un vero gentiluomo. Lei sapeva che
lui ci sarebbe sempre stato per lei ma, nonostante ciò, Adele continua a
tradirlo. Secondo me, però, non lo fa perché non lo ama più, ma perché vuole attirare la sua
attenzione, vuole sentirsi voluta, vuole ingelosirlo. Suo marito, però,
non comprende, perché sempre preso dal
lavoro e, anche se viene a conoscenza dei tradimenti della moglie, fa finta di
niente, forse per non macchiare la sua rispettabilità sia come uomo che
nell’ambito lavorativo o, forse, solo per paura di perderla. Soltanto alla fine
entrambi capiranno quanto è forte e vero
il loro reciproco amore. Lei, quando suo marito si ammala gravemente, dona
tutto se stessa alla sua cura, non si preoccupa più della sua “cerimonia” ma
solo di accudirlo, capendo effettivamente che l’amava e, forse, che l’aveva sempre
amato. Una persona, infatti, si accorge dell’importanza di ciò che ha solo
quando questa viene a mancare.
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