Commento personale all’intervista ad
Andrea Camilleri “il maestro senza regole”
Rocco Scalia III B Liceo Classico
Camilleri si dimostra, al contrario del
suo aspetto, un uomo dinamico e seducente, dallo spirito comico tendente
all’ironia, che parla dei suoi romanzi e dei suoi personaggi senza alcun
riserbo, anche con una particolare autocritica.
La sua primordiale passione per il
teatro rende la sua immagine ancora più ricca di mistero.
La sua apertura, verso l’intervistatrice
e verso la telecamera, a fatti personali e privati dimostra la sua grande
dinamicità e si può palesemente constatare la passione e l’amore per la cara
Sicilia.
Troviamo assoluta disponibilità ed
apertura mentale nella lunga e dettagliata descrizione dei ricordi d’infanzia e
degli anni del liceo; racconta per filo e per segno della sua giovinezza che
identifica con gli anni in cui imparò a raccontare, soprattutto grazie alla
nonna Elvira.
Camilleri si presenta come un uomo umile
con solidi valori sociali che, nonostante il successo, è riuscito a mantenere. Nel
raccontare il ricordo del padre morente prova molta nostalgia, facendo
trapelare un forte sentimento sotto una finta indifferenza.
Attraverso aneddoti e ricordi, Camilleri
traccia la linea sulla quale è stata improntata la sua educazione, i valori ai
quali crede fermamente e soprattutto “l’essere solo e soltanto se stessi”, per cui rifiuta fermamente di essere chiamato
“maestro”, in quanto nessuno può insegnare ad un altro ad essere se stesso.
“Gli arancini di Montalbano”
di Andrea Camilleri
L’opera “Gli arancini di Montalbano”, scritta dall’autore siciliano
Andrea Camilleri, edita da Sellerio, è una raccolta di brevi storie riguardanti
le inchieste del commissario Montalbano. Da una moglie infedele che come una
mantide religiosa uccide l’uomo che ha saputo resistere alla sua tentazione
all’atto di cannibalismo di due uomini che cucinano il corpo di una bambina
precedentemente sequestrata e uccisa. Camilleri racconta svariate indagini
dalle diverse sfaccettature, accomunate tutte dalla figura principale del
commissario Montalbano, che con il suo essere cinico e seducente allo stesso
tempo colora le oscure indagini di mafia e criminalità organizzata, riducendo
la serietà indotta dai temi trattati con frasi ironiche o con sequenze che
trattano la vita privata del commissario, che si distacca dalla realtà brutale
delle sue inchieste.
Il tempo in cui si svolgono le vicende non è specificato, ma si
presume che Camilleri ambienti le indagini di Montalbano in età contemporanea a Vigata e Montelusa, luoghi immaginari che l’autore colloca nella parte meridionale della
Sicilia. La loro descrizione ricorda il paese natale di Camilleri Porto Empedocle
e non mancano le citazioni di città realmente esistenti come Catania e Palermo.
Il ritmo narrativo è in equilibrio, la lettura non è noiosa in quanto si
alternano sempre diversi tipi di sequenze che la rendono scorrevole e di facile
comprensione. Nel corso della lettura infatti si susseguono tutti i tipi di
sequenze, una particolarità che rende più interessante la lettura del libro. Particolarmente
importanti sono le sequenze riflessive di Montalbano, quando il commissario
cerca di capire il movente del delitto, riportando alla mente tutte le vicende
che ipotizza. Le vicende seguono quasi tutte la fabula, sono presenti solo
sporadici flashback, che sono necessari per far capire al lettore gli sviluppi
dell’inchiesta; i flashback spesso sono frutto di testimonianze di sospettati o
testimoni che aiutano il commissario nelle sue indagini. La voce narrante è
esterna alla storia, non sono presenti elementi che ci facciano comprendere che
il narratore non è onnisciente, ma in un capitolo particolarmente crudo, nel
quale lo stesso Montalbano chiama il narratore Camilleri chiedendogli
ironicamente il perché avesse scritto una storia così terribile, capiamo che la
voce narrante corrisponde a quella dell’autore. La voce narrante tende tuttavia
a sottolineare le sensazioni e lo stato d’animo dei vari personaggi e
soprattutto del protagonista Montalbano, i cui stati d’animo creano una cornice
che rende più vivo il personaggio creato da Camilleri.
Il personaggio principale è il commissario Salvo Montalbano, che
viene circondato dai suoi collaboratori Fazio, Galluzzo, Catarella e Domenico
Augello. Nel corso del libro Montalbano non viene descritto né fisicamente né
psicologicamente, dal racconto possiamo soltanto capire la sua passione per la
cucina, soprattutto per il pesce, ed il suo tabagismo.
Camilleri ha scritto circa una ventina di libri sulle inchieste
di Montalbano; la figura del commissario e dei suoi collaboratori è presente in
tutti, così come è ricorrente in tutti i libri l’uso del dialetto siciliano, che identifica
la provenienza e l’amore dell’autore per la terra natia.
Le storie e le indagini del libro “Gli arancini di Montalbano”
sono senz’altro avvincenti, appassionanti ed
interessanti; piccoli, nel senso buono del termine, capolavori del
filone giallo. È da ammirare senz’altro
la scelta dell’ambientazione da parte dell’autore, un po’ meno la scelta del
lessico e del modo nel quale sono trattati i temi, l’uso del dialetto siciliano
è senz’altro una tecnica efficace per rendere più vivo lo scenario siciliano
delle storie, ma da un certo punto di vista, secondo me, potrebbe distorcere la
visione che potrebbe avere un lettore non siciliano, una visione della Sicilia
come una terra di bassa levatura sociale e culturale. Dal punto di vista dei
temi trattati, la ricorrenza del tema mafioso potrebbe indurre i lettori a
pensare che la Sicilia sia un luogo abitato soltanto da mafiosi e da uomini di
legge che li rispettano in quanto tali, immagine che personalmente penso non
corrisponda alla realtà e che dà una visione distorta della nostra bella
Sicilia.
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