Commento personale all’intervista ad
Andrea Camilleri “il maestro senza regole”
Maria Grazia Trimboli V A Liceo Classico
Andrea Camilleri, secondo me, rappresenta l’uomo per eccellenza,
dall’animo nobile e colmo di valori, cosa che difficilmente oggi si trova.
L’intervista vista a scuola ha aperto una finestra verso la scoperta di questo
scrittore siciliano, conosciuto principalmente per aver scritto le inchieste
del commissario Montalbano. Ciò che mi ha colpita maggiormente di Andrea
Camilleri è il dono di saper utilizzare la parola per regalare emozioni ai
lettori, che continuano a seguirlo nella sua immensa produzione letteraria. Quel
che rende speciale questo autore è, quindi, l’abilità di saper incantare i
lettori con parole semplici, ricche di sfumature e significati importanti riguardanti
le grandi problematiche e le sfaccettature della vita quotidiana. Ha avuto il
coraggio e l’abilità di essere se stesso in ogni momento della sua vita facendocela
conoscere a noi. Ascoltarlo raccontare le sue esperienze è stato molto
emozionante, poiché trasmette una serie di sensazioni contrastanti e riesce a
commuovere anche l’animo più duro. Afferma che la passione è il fulcro di
qualsiasi cosa ed è sostenuta dagli affetti a cui lui stesso è profondamente ed
eternamente legato, alle nonne, al padre, agli amici più intimi. Un altro
aspetto che ha suscitato grande stupore è stato assistere all’esperienza di un
amore puro, di quelli che oggi è raro trovare: quello con sua moglie. Anche lei
è una donna dai principi sani che ha saputo guidare suo marito accompagnandolo
in ogni momento della sua vita, dal più difficile al più dolce. L’amore,
nonostante gli anni, non si è dissolto ma si è impreziosito sempre di più. Andrea Camilleri non ha paura della vita né
della morte; per lui tutto è compreso in un biglietto che riceviamo alla
nascita: gioie e dolori. È proprio in questo processo, definito esistenza, che
bisogna avere la forza di rimanere se stessi, migliorare ogni giorno e non
farsi piegare dagli ostacoli della vita: in ciò consiste l’unicità dell’uomo.
Un uomo come Camilleri, che ha saputo distinguersi, e ha reso eterne le sue
parole lasciando un’impronta immensa nel patrimonio culturale italiano.
“Il tuttomio”
di Andrea Camilleri
Andrea Camilleri, padre
della letteratura moderna siciliana, all’età di 87 anni si cimenta nella
stesura di un romanzetto di 147 pagine che è stato liquidato come “erotico” e
deviato”. L’abile scrittore, che ha
saputo dimostrare eccellenti qualità e si è distinto per le storie del
famosissimo commissario Montalbano, attinge a due fonti di ispirazione,
indicate nel libro stesso. È chiaramente
ispirato a un noto caso di cronaca nera verificatosi
a Roma il 30 agosto 1970: si tratta di
un duplice omicidio con suicidio dell'omicida, il marchese Camillo Casati
Stampa di Soncino, che uccise la moglie Anna Fallarino e lo studente universitario
Massimo Minorenti che aveva una relazione amorosa con la donna. In un primo
momento, fu lo stesso marchese Camillo a spingere Anna fra le braccia del
ragazzo per colmare i vuoti causati dalla propria impotenza tramite il voyeurismo. Ma vi sono state altre fonti letterarie
confessate dall'autore che hanno ispirato la stesura de “Il tuttomio” quali:
«Santuario» di William Faulkner e «L'amante di Lady Chatterley» di David
Herbert Lawrence.
Il fulcro della vicenda ruota attorno all’amore che lega il
protagonista maschile, Giulio, uomo d'affari che a causa di un incidente è
diventato impotente, e la bellissima e al tempo stesso inquietante Arianna, sua
moglie. Si sono conosciuti in un
cimitero, mentre Arianna piangeva la morte di Vanni, il suo primo marito. Il
sessantenne Giulio offre il proprio
aiuto alla giovane vedova. Egli si invaghisce della donna a tal punto che le
propone di comprare da altri uomini quello che lui fisicamente non può più
offrirle. Ma vi è un patto che deve essere rispettato: durante i rapporti, Giulio deve essere
presente, non per voyeurismo ma per proteggerla e, soprattutto, non possono
avvenire due incontri con lo stesso uomo. Il tutto procede secondo i piani fino
a quando la coppia non s'imbatte in un ragazzino, Mario, studente liceale
conosciuto al mare, che accetta di prostituirsi ma finisce per innamorarsi di
Arianna. La giovane donna prova anche lei qualcosa per il ragazzo, quindi si
rinchiude, come è solita fare quando è incerta sulla decisione da prendere, nel
"tuttomio" uno spazio in
soffitta che si è costruita all'insaputa di Giulio in cui confida i suoi dubbi
ad una bambola, Stefania.
Tra i personaggi, il più emblematico della vicenda è quello di
Arianna, frutto di un minuzioso studio
psicologico che ha portato lo scrittore a colloquio con alcune detenute, per
aiutarlo ad affinare l'aspetto psicopatologico del personaggio. Le parti
descrittive d’autore sono curate nei minimi dettagli e rappresentano quelle più
particolari del libro, che mostrano uno dei pochi motivi per cui valga la pena
leggerlo. Sono proprio le scene descrittive a donare un alone misterioso,
tipico dei romanzi noir, ed un ritmo prima veloce e poi lento alla narrazione,
lasciando trapelare gli aspetti psichici più profondi dei personaggi, in
particolare quelli di Giulio ed Arianna. E poi c’è il “tuttomio” , “questa cosa sua suissima”, si tratta di una rivisitazione del “tuttomio” di Arianna bambina, all’epoca
una cavità rocciosa, adesso un angolo del solaio, ricavato tra due armadi. Qui
si trova Stefania, una bambola di ceramica, alta mezzo metro, con gli occhi di
vetro che si aprono e si chiudono. Giulio è vedovo e senza figli e figlie, non
pare abbia sorelle o cugine. Non si sa a chi appartenga la bambola, ma per
Arianna è sicuramente più di un semplice oggetto: un’amica cui confidare i
segreti più oscuri e da consultare in ogni momento di necessità.
A mio parere, questo libro è consigliabile soltanto a coloro che
non amano il commissario Montalbano poiché si tratta di un romanzo dai
contenuti e dallo stile completamente diversi rispetto all’ Andrea Camilleri
che siamo soliti conoscere. Ho amato le sequenze descrittive, sempre realizzate
con grande abilità, ed il forte legame che unisce i due coniugi, i quali non si
separano pur sapendo di vivere in circostanze alquanto ambigue e non inerenti a
una normale vita di coppia tra marito e moglie. In realtà, non si tratta
nemmeno di una vicenda normale, così come i personaggi, in particolar modo
Arianna, non sono normali. Definirei questo libro come una lunghissima e, al
tempo stesso, eccessiva “riflessione mentale” dell’autore da cui, avendo sempre
sentito giudizi positivi riguardo la sua produzione, mi sarei aspettata
qualcosa di meglio.
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