domenica 25 gennaio 2015





Commento personale all’intervista  ad   

Andrea Camilleri  “il maestro senza regole”


Franca Lipari VB Liceo Classico



Andrea Camilleri, un uomo senza regole e senza tempo, capace di attrarre tutti con il suo fascino letterario, riuscendo a zittire platee di grandi e ragazzi; ascoltarlo diventa piacevole tanto che si starebbe ore ed ore a contemplare il suo modo carismatico di fare e di dire, come è successo a me quando abbiamo visto l'intervista. Durante l'incontro con Teresa Mannino l'autore ha lanciato molti messaggi ricordando le sue esperienze di vita. Quello che più di tutti mi ha colpita è stato il concetto di libertà; personalmente mi sono commossa quando ha ricordato le parole del suo professore riguardo la meschinità e la pochezza d'animo che l'uomo a volte dimostra di avere <<che uomini siete, che uomini diventerete? Ne fece circa tre di quelle lezioni>>; l'ho trovato quasi un rimprovero anche nei miei confronti, dato che mi sono ritrovata nelle parole di quel discorso perché non sono perfetta né una santa e a volte mi capita di sbagliare anche volontariamente. Queste parole mi sono entrate dentro e non le dimenticherò, me ne ricorderò tutte le volte che sarò sul punto di errare per vigliaccheria. Altrettanto importante il concetto di libertà nell'agire ed essere se stessi, nel non avere paura di esprimere il proprio dissenso anche quando non si potrebbe perché non c'è nulla di più coraggiosamente libero nell'andare contro al fascismo durante l'età del fascismo stesso come fece il professor Cassesa. Molto toccante anche il concetto sull'importanza della famiglia, del rispetto verso i nonni che ci insegnano molto. Esemplare la nonna di Camilleri, che ha anche il merito di averlo fatto diventare lo scrittore che è oggi. E ancora il rispetto che ha avuto fino alla fine per il padre, nonostante non fossero mai stati molto legati. Ho capito che in punto di morte ci si deve dimenticare di tutto, mi ha insegnato che si può perdonare ogni incomprensione, ogni discorso non fatto, ogni carezza mai data tanto che si può anche arrivare a fingere di essere un soldato agli ordini del suo superiore Russo per far morire in pace il padre. Un altro aspetto dell'intervista che mi ha colpita è stata la sua devozione nei confronti dell'amore quando parla della moglie e dei loro sessant'anni insieme; nonostante liti e discussioni sono ancora uniti e non hanno avuto paura di affrontare i momenti negativi; la forza dell'amore, il loro credo nella famiglia ha fatto sì che tutto diventasse niente in confronto a loro, anche perché ad oggi, dice Camilleri, la sua perdita più grande sarebbe non avere più la famiglia e gli affetti.  Nella vita si può perdere tutto, tutte le passioni che magari da giovani ci hanno reso vivi (nel suo caso la capacità di leggere e scrivere) ma si è davvero persi quando non si ha più nessuno con cui condividere la vita. In conclusione Camilleri ci ha insegnato a vivere pienamente la vita senza avere paura di morire anche perché non ci si può rifiutare facendo gli ipocriti quindi “ o si accetta il fatto che si deve morire facendocene una ragione oppure si è solo dei poveri coglioni”. Si può dire quindi che non si può non ritenerlo maestro di vita per quanto egli non sopporti essere considerato tale  perché ogni uomo, a suo avviso, è più vero se è se stesso, senza avere modelli da seguire, dal momento che la verità è la cosa più grande e bella che ci sia. 

 


“Un  filo di fumo” 

di Andrea Camilleri



Tutti a Vigata attendono l'imminente arrivo di una nave russa, che porterà al fallimento l'uomo più odiato del paese, Totò Romeres detto Barbabianca, che doveva ritirare dello zolfo che lo stesso aveva già venduto a terzi per avidità di guadagno. Nel tentativo di rimediare, il figlio Nenè si "sbatteva" per tutta Vigata per cercare lo zolfo agli altri commercianti che però glielo negavano poiché attendevano con ansia il loro fallimento, per rifarsi di tutti i danni subiti in passato per mano del protagonista. Fra tutti, quello che lo odiava di più era Don Angelino che quarant'anni prima era stato derubato e ferito dalla banda del Barbabianca senza che per questo venisse punito. Quando il fallimento sembrava ormai prossimo, ecco che una tempesta fa naufragare la nave vicino agli scogli...
Il romanzo è ambientato a Vigata nel 1890. La narrazione segue la fabula e la storia si svolge nell'arco temporale di due giorni anche se sono inserite varie digressioni che fungono da antefatti per spiegare il perché degli eventi che accadono nel presente in cui il romanzo è raccontato. Protagonista del romanzo è Totò  Romeres detto Barbabianca, personaggio negativo perché si è sempre arricchito sulle spalle e le disgrazie altrui, a questo si può aggiungere il fatto che la fortuna lo ha sempre aiutato e ciò ha contribuito a renderlo arrogante e privo di scrupoli. Nel momento del bisogno avrebbe voluto l'aiuto di quelle stesse persone che per anni aveva danneggiato; non ha l'umiltà di farlo di persona e manda il figlio a ricevere umiliazioni. Don Angelino Villanovares, magazziniere di zolfo, è un personaggio negativo come Romeres poiché, anche se ormai prossimo alla morte, l'unico motivo che lo spinge a rimanere in vita è l'odio per il Barbabianca e il desiderio di vederlo rovinato per sempre. Vengono poi presentati un cospicuo numero di personaggi sempre animati dall'odio per il protagonista. Infine i figli del Barbabianca, Nenè che di fronte all'imminente fallimento cerca in ogni modo di salvare il salvabile; sembra essere l'unico personaggio positivo perché mosso solo dal reale motivo di salvare la propria famiglia al contrario del fratello Stefanuzzo che di fronte ai problemi scappa; è un uomo debole e si nasconde dietro la preghiera; non sembra essere tenuto molto in considerazione né dai paesani né dalla famiglia né persino dalla moglie che preferisce tradirlo con un giovane muto.
Un romanzo molto bello e che sicuramente consiglio di leggere. Mi è sembrato, per quanto riguarda il notevole numero dei personaggi e per il modo in cui venivano introdotti, come se il lettore lì conoscesse già e come se già conoscesse il loro ruolo nel romanzo, quindi inevitabilmente si tende a dimenticarne qualcuno dovendo tornare indietro a cercarlo. Il romanzo lascia però un grande messaggio morale perché fa capire fin dove può arrivare l'invidia nei confronti degli altri e fino a dove può spingersi l'indifferenza nei confronti del dolore altrui. Questo è un tema molto attuale ed io credo che l'autore abbia voluto denunciare l'invidia, l'indifferenza e le cattiverie in genere presentandole proprio come vere protagoniste di questo romanzo per far capire al lettore, a mio avviso, che si può scegliere di essere cattivi ma che la cattiveria rende brutti soprattutto nell'animo e non ci fa amare dagli altri proprio come accade ai personaggi del libro, infatti non si riesce a parteggiare né per l’uno né per l'altro, dato che per una ragione o per un'altra tutti sono cattivi, invidiosi e meschini.

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