Commento personale all’intervista ad
Andrea Camilleri “il maestro senza regole”
Franca Lipari VB Liceo Classico
Andrea Camilleri, un uomo senza regole e
senza tempo, capace di attrarre tutti con il suo fascino letterario, riuscendo
a zittire platee di grandi e ragazzi; ascoltarlo diventa piacevole tanto che si
starebbe ore ed ore a contemplare il suo modo carismatico di fare e di dire,
come è successo a me quando abbiamo visto l'intervista. Durante l'incontro con
Teresa Mannino l'autore ha lanciato molti messaggi ricordando le sue esperienze
di vita. Quello che più di tutti mi ha colpita è stato il concetto di libertà;
personalmente mi sono commossa quando ha ricordato le parole del suo professore
riguardo la meschinità e la pochezza d'animo che l'uomo a volte dimostra di
avere <<che uomini siete, che uomini diventerete? Ne fece circa tre di
quelle lezioni>>; l'ho trovato quasi un rimprovero anche nei miei
confronti, dato che mi sono ritrovata nelle parole di quel discorso perché non
sono perfetta né una santa e a volte mi capita di sbagliare anche
volontariamente. Queste parole mi sono entrate dentro e non le dimenticherò, me
ne ricorderò tutte le volte che sarò sul punto di errare per vigliaccheria.
Altrettanto importante il concetto di libertà nell'agire ed essere se stessi,
nel non avere paura di esprimere il proprio dissenso anche quando non si
potrebbe perché non c'è nulla di più coraggiosamente libero nell'andare contro
al fascismo durante l'età del fascismo stesso come fece il professor Cassesa.
Molto toccante anche il concetto sull'importanza della famiglia, del rispetto
verso i nonni che ci insegnano molto. Esemplare la nonna di Camilleri, che ha
anche il merito di averlo fatto diventare lo scrittore che è oggi. E ancora il
rispetto che ha avuto fino alla fine per il padre, nonostante non fossero mai
stati molto legati. Ho capito che in punto di morte ci si deve dimenticare di
tutto, mi ha insegnato che si può perdonare ogni incomprensione, ogni discorso
non fatto, ogni carezza mai data tanto che si può anche arrivare a fingere di
essere un soldato agli ordini del suo superiore Russo per far morire in pace il
padre. Un altro aspetto dell'intervista che mi ha colpita è stata la sua
devozione nei confronti dell'amore quando parla della moglie e dei loro
sessant'anni insieme; nonostante liti e discussioni sono ancora uniti e non
hanno avuto paura di affrontare i momenti negativi; la forza dell'amore, il
loro credo nella famiglia ha fatto sì che tutto diventasse niente in confronto
a loro, anche perché ad oggi, dice Camilleri, la sua perdita più grande sarebbe
non avere più la famiglia e gli affetti.
Nella vita si può perdere tutto, tutte le passioni che magari da giovani
ci hanno reso vivi (nel suo caso la capacità di leggere e scrivere) ma si è
davvero persi quando non si ha più nessuno con cui condividere la vita. In
conclusione Camilleri ci ha insegnato a vivere pienamente la vita senza avere
paura di morire anche perché non ci si può rifiutare facendo gli ipocriti
quindi “ o si accetta il fatto che si deve morire facendocene una ragione
oppure si è solo dei poveri coglioni”. Si può dire quindi che non si può non ritenerlo
maestro di vita per quanto egli non sopporti essere considerato tale perché ogni uomo, a suo avviso, è più vero se
è se stesso, senza avere modelli da seguire, dal momento che la verità è la
cosa più grande e bella che ci sia.
“Un filo di fumo”
di Andrea Camilleri
Tutti a Vigata attendono l'imminente
arrivo di una nave russa, che porterà al fallimento l'uomo più odiato del
paese, Totò Romeres detto Barbabianca, che doveva ritirare dello zolfo che lo
stesso aveva già venduto a terzi per avidità di guadagno. Nel tentativo di
rimediare, il figlio Nenè si "sbatteva" per tutta Vigata per cercare
lo zolfo agli altri commercianti che però glielo negavano poiché attendevano
con ansia il loro fallimento, per rifarsi di tutti i danni subiti in passato per
mano del protagonista. Fra tutti, quello che lo odiava di più era Don Angelino
che quarant'anni prima era stato derubato e ferito dalla banda del Barbabianca
senza che per questo venisse punito. Quando il fallimento sembrava ormai
prossimo, ecco che una tempesta fa naufragare la nave vicino agli scogli...
Il romanzo è ambientato a Vigata nel
1890. La narrazione segue la fabula e la storia si svolge nell'arco temporale
di due giorni anche se sono inserite varie digressioni che fungono da antefatti
per spiegare il perché degli eventi che accadono nel presente in cui il romanzo
è raccontato. Protagonista del romanzo è Totò
Romeres detto Barbabianca, personaggio negativo perché si è sempre
arricchito sulle spalle e le disgrazie altrui, a questo si può aggiungere il
fatto che la fortuna lo ha sempre aiutato e ciò ha contribuito a renderlo
arrogante e privo di scrupoli. Nel momento del bisogno avrebbe voluto l'aiuto
di quelle stesse persone che per anni aveva danneggiato; non ha l'umiltà di
farlo di persona e manda il figlio a ricevere umiliazioni. Don Angelino
Villanovares, magazziniere di zolfo, è un personaggio negativo come Romeres
poiché, anche se ormai prossimo alla morte, l'unico motivo che lo spinge a
rimanere in vita è l'odio per il Barbabianca e il desiderio di vederlo rovinato
per sempre. Vengono poi presentati un cospicuo numero di personaggi sempre
animati dall'odio per il protagonista. Infine i figli del Barbabianca, Nenè che
di fronte all'imminente fallimento cerca in ogni modo di salvare il salvabile;
sembra essere l'unico personaggio positivo perché mosso solo dal reale motivo
di salvare la propria famiglia al contrario del fratello Stefanuzzo che di
fronte ai problemi scappa; è un uomo debole e si nasconde dietro la preghiera;
non sembra essere tenuto molto in considerazione né dai paesani né dalla
famiglia né persino dalla moglie che preferisce tradirlo con un giovane muto.
Un romanzo molto bello e che sicuramente
consiglio di leggere. Mi è sembrato, per quanto riguarda il notevole numero dei
personaggi e per il modo in cui venivano introdotti, come se il lettore lì
conoscesse già e come se già conoscesse il loro ruolo nel romanzo, quindi
inevitabilmente si tende a dimenticarne qualcuno dovendo tornare indietro a
cercarlo. Il romanzo lascia però un grande messaggio morale perché fa capire
fin dove può arrivare l'invidia nei confronti degli altri e fino a dove può
spingersi l'indifferenza nei confronti del dolore altrui. Questo è un tema
molto attuale ed io credo che l'autore abbia voluto denunciare l'invidia,
l'indifferenza e le cattiverie in genere presentandole proprio come vere
protagoniste di questo romanzo per far capire al lettore, a mio avviso, che si può
scegliere di essere cattivi ma che la cattiveria rende brutti soprattutto
nell'animo e non ci fa amare dagli altri proprio come accade ai personaggi del
libro, infatti non si riesce a parteggiare né per l’uno né per l'altro, dato
che per una ragione o per un'altra tutti sono cattivi, invidiosi e meschini.
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