Commento personale all’intervista ad
Andrea Camilleri “il maestro senza regole”
Elena Nastasi V A Liceo classico
Mi hanno chiesto di
scrivere cosa mi avesse colpito dell’intervista fatta da Teresa Mannino ad
Andrea Camilleri e mandata in onda dalla
Rai con il titolo “Il maestro senza regole”. Beh, dire una cosa sola è
davvero complicato. Appena uscita dall’aula magna, luogo in cui avevamo visto
l’intervista, ricordo di aver mandato un messaggio al mio ragazzo scrivendo “Credo
di aver appena visto una delle cose più belle della mia vita.’’ E non stavo
esagerando. Più che un’intervista sembra una vera e propria lezione di vita.
Tra tutti, due sono i momenti che mi hanno toccato il cuore: il racconto del
rapporto con il padre e la testimonianza di un’allieva che lo aveva avuto come
insegnante.
A detta di tutti era un
professore eccezionale, tant’è che questa ragazza racconta come Andrea, avendo
capito le sue capacità, all’esame la bocciò dicendo: “Io l’esame l’ho fatto annullare, ho messo due a te e a quell’altro
cretino. Ora voi rifate l’esame e se non prendete il massimo, per quel che mi
riguarda ritornate a fare gli attori, il posto da regista ve lo sognate!’’
Beh, che dire? Ce ne fossero ancora
professori così, che ti spingono a migliorare, che ti motivano continuamente e
ti fanno venir voglia di studiare ma, oggi, di professori così ce ne sono veramente pochi.
L’altra cosa che mi ha colpita è stato il rapporto con suo padre al quale ha dedicato
il primo libro scrivendo “A mio padre, che non seppe insegnarmi mai
nulla, se non di essere quello che sono.’’
Vorrei che tutti potessero vedere
questo documento; emoziona, diverte, è semplice e leggero ma allo stesso tempo
profondo e ricco di spunti di riflessione; perfetto è riduttivo.
“Il diavolo, certamente”
di Andrea Camilleri
Il romanzo pone la propria attenzione sui desideri, vizi e
bassezze dell’ umanità. Composto da 33
racconti di 3 pagine ciascuno, in ognuno di essi il diavolo suggella la storia
con il suo zampino nel bene o nel male. I racconti, a tratti divertenti, sono
percorsi da una precisa meditazione sul destino delle umane sorti, del nostro
affannarci per mentire o per apparire in base alla nostra idea di felicità .
Coppie che scoppiano, amanti segreti, tranelli, bugie, doppie facce… Insomma, 33 variazioni su un tema antico e
sempre nuovo: il diavolo che scompiglia
le carte che noi avevamo preparato con tanta cura.
La collocazione temporale dei vari racconti non
è specificata nelle varie vicende né queste sono collegate tra loro in ordine
cronologico o di contenuto. I 33 racconti vengono narrati con l’utilizzo di
molte sequenze introspettive e psicologiche che rallentano il ritmo narrativo. Le
storie sono raccontate in maniera sintetica, sono rare le sequenze descrittive, ci sono invece colpi
di scena con finali impensabili nell’ultima parte, in particolare nelle ultime
due o tre righe di ogni racconto. La lingua e lo stile sono molto semplici,
essenziali e di facile comprensione.
I personaggi sono tanti e molto diversi tra
loro: due
filosofi in lotta per il Nobel, un partigiano tradito da un topolino, un ladro
gentiluomo, un magistrato tratto in inganno dal giallo che sta leggendo, un
monsignore alle prese col più impietoso dei lapsus, un bimbo che rischia di
essere ucciso, una ragazza che russa rumorosamente, un'altra alle prese con il
tacco spezzato della sua scarpa, una segretaria troppo zelante, una moglie
ricchissima e tante, tante donne che amano.
Personalmente il libro non mi è piaciuto moltissimo. L’ho
trovato poco coinvolgente e a tratti anche pesante. La tecnica narrativa,
storia in sintesi e finale da brividi nelle ultime due o tre righe andava bene
per i primi 15 racconti, poi stanca. Nonostante questo, penso che ci sia
qualcosa di salvabile in questo libro. Forse il messaggio in sé: più che dal
diavolo si ha come l’impressione che queste storie siano dominate dall’umanità
stessa, ognuno è
il carnefice di se stesso, sembra volerci dire
Camilleri; ma lo scopriamo inesorabilmente troppo tardi, quando il celebre
motto esistenzialista è consumato, facendo nascere il sospetto che se l’inferno
sono gli altri, il diavolo siamo noi. Certamente.
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