“Nuddu ammiscatu cu nenti”
Da Simonetta Agnello Hornby solo silenzio e rassegnazione al destino per la famiglia di Pedrara
Emanuela Gitto V C Liceo Classico
“Sappiate tutti che, se doveste rimanere a Pedrara, lo fareste a
vostro rischio”. Da queste parole si intravede già l’aura di mistero cha
aleggia nella casa dei Carpinteri nel piccolo paesino in provincia di Catania.
Riuniti attorno al capezzale della zia Anna, figli e nipoti si troveranno
coinvolti, pur non sapendolo, in un giro vizioso di interessi a loro
sconosciuti.
Pubblicato per la prima volta nel 2013 da “I narratori”, “Il
veleno dell’oleandro” è un romanzo di Simonetta Agnello Hornby, nata a Palermo
ma residente ormai da più di quarant’anni a Londra.
Il titolo contiene in sé la dichiarazione di potenza della
famiglia e allo stesso tempo l’inquietante presagio di morte che vi è
contenuto: l’oleandro è infatti una delle piante di cui è adornato il giardino
sontuoso della tenuta della famiglia a Pedrara, sotto le cui fronde i personaggi
erano soliti passeggiare nelle giornate di calura estiva per trovare un po’ di ristoro
ma, allo stesso tempo, il veleno dell’oleandro rappresenta l’arma prediletta
per uccidere lentamente chi lavora per la famiglia e che avrebbe potuto dare
“problemi” all’interno della tenuta perché, causando dolori allo stomaco e
vomito, avrebbe portato lentamente alla morte.
La narrazione è affidata alternativamente a Mara, una delle
nipoti maggiori di Anna, che vive e lavora a Milano, e Bede, amante e custode
della zia dal momento della morte di Tommaso, marito di Anna e amante dello
stesso Bede. Questa scelta narrativa rallenta molto il filo del discorso, che
già dai primi capitoli il lettore stenta
a seguire; infatti, queste narrazioni alternate vanno concepite come pezzi di
un puzzle che verrà ricomposto solo al termine del romanzo, quando tutti i nodi
verranno al pettine e verranno scoperte le azioni illecite legate alla famiglia
e nascoste da sempre agli occhi della zia Anna, portatrice di Alzheimer e da
sempre tenuta all’oscuro della situazione semplicemente perché donna. Proprio
perché costretta a letto dalla malattia, i familiari accorrono nella cittadina
siciliana essendo venuti a sapere di un tesoro tenuto nascosto all’interno
della villa, certi di sfruttare gli ultimi momenti di lucidità della zia per
cavarle qualche informazione per scovarlo.
Le tematiche sono molteplici: l’amore gay e bisex; i legami
all’interno della famiglia, spesso recisi da silenzi e violenze; la violenza
sulle donne che Giulia, sorella di Mara, vive e accetta consapevolmente quale
manifestazione dell’amore di Pasquale nei suoi confronti; la mafia, potere
oscuro con cui alcuni membri della famiglia saranno chiamati a collaborare.
Tutti questi intrighi si svolgono nel contesto di una Sicilia dei giorni nostri
che si aggiorna dal punto di vista dei trasporti e delle attività svolte dai
personaggi della storia, ma che rimane in un certo senso legata ad una
mentalità brutalmente omertosa e indifferente di fronte agli eventi che si
presentano loro davanti; i personaggi sono consapevoli della sfera oscura in
cui vivono, ma non fanno nulla per sfuggirvi, rassegnati al destino che è stato
loro affidato. Il romanzo inizia e si conclude con la frase “Nuddu ammiscatu cu
nenti” che la zia Anna riferisce sempre a Bede e, in un certo senso, questa è
la sintesi dell’intera storia, in cui i personaggi sanno ma credono di essere
nessuno di fronte al corso degli eventi, guidati da forze superiori alle quali
tutti devono essere sottomessi. Senza chiedere, senza parlare.
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