sabato 21 febbraio 2015



“Nuddu ammiscatu cu nenti”



Da Simonetta Agnello Hornby solo silenzio e rassegnazione al destino per la famiglia di Pedrara


Emanuela Gitto V C Liceo Classico


“Sappiate tutti che, se doveste rimanere a Pedrara, lo fareste a vostro rischio”. Da queste parole si intravede già l’aura di mistero cha aleggia nella casa dei Carpinteri nel piccolo paesino in provincia di Catania. Riuniti attorno al capezzale della zia Anna, figli e nipoti si troveranno coinvolti, pur non sapendolo, in un giro vizioso di interessi a loro sconosciuti.
Pubblicato per la prima volta nel 2013 da “I narratori”, “Il veleno dell’oleandro” è un romanzo di Simonetta Agnello Hornby, nata a Palermo ma residente ormai da più di quarant’anni a Londra.
Il titolo contiene in sé la dichiarazione di potenza della famiglia e allo stesso tempo l’inquietante presagio di morte che vi è contenuto: l’oleandro è infatti una delle piante di cui è adornato il giardino sontuoso della tenuta della famiglia a Pedrara, sotto le cui fronde i personaggi erano soliti passeggiare nelle giornate di calura estiva per trovare un po’ di ristoro ma, allo stesso tempo, il veleno dell’oleandro rappresenta l’arma prediletta per uccidere lentamente chi lavora per la famiglia e che avrebbe potuto dare “problemi” all’interno della tenuta perché, causando dolori allo stomaco e vomito, avrebbe portato lentamente alla morte.
La narrazione è affidata alternativamente a Mara, una delle nipoti maggiori di Anna, che vive e lavora a Milano, e Bede, amante e custode della zia dal momento della morte di Tommaso, marito di Anna e amante dello stesso Bede. Questa scelta narrativa rallenta molto il filo del discorso, che già  dai primi capitoli il lettore stenta a seguire; infatti, queste narrazioni alternate vanno concepite come pezzi di un puzzle che verrà ricomposto solo al termine del romanzo, quando tutti i nodi verranno al pettine e verranno scoperte le azioni illecite legate alla famiglia e nascoste da sempre agli occhi della zia Anna, portatrice di Alzheimer e da sempre tenuta all’oscuro della situazione semplicemente perché donna. Proprio perché costretta a letto dalla malattia, i familiari accorrono nella cittadina siciliana essendo venuti a sapere di un tesoro tenuto nascosto all’interno della villa, certi di sfruttare gli ultimi momenti di lucidità della zia per cavarle qualche informazione per scovarlo.
Le tematiche sono molteplici: l’amore gay e bisex; i legami all’interno della famiglia, spesso recisi da silenzi e violenze; la violenza sulle donne che Giulia, sorella di Mara, vive e accetta consapevolmente quale manifestazione dell’amore di Pasquale nei suoi confronti; la mafia, potere oscuro con cui alcuni membri della famiglia saranno chiamati a collaborare. Tutti questi intrighi si svolgono nel contesto di una Sicilia dei giorni nostri che si aggiorna dal punto di vista dei trasporti e delle attività svolte dai personaggi della storia, ma che rimane in un certo senso legata ad una mentalità brutalmente omertosa e indifferente di fronte agli eventi che si presentano loro davanti; i personaggi sono consapevoli della sfera oscura in cui vivono, ma non fanno nulla per sfuggirvi, rassegnati al destino che è stato loro affidato. Il romanzo inizia e si conclude con la frase “Nuddu ammiscatu cu nenti” che la zia Anna riferisce sempre a Bede e, in un certo senso, questa è la sintesi dell’intera storia, in cui i personaggi sanno ma credono di essere nessuno di fronte al corso degli eventi, guidati da forze superiori alle quali tutti devono essere sottomessi. Senza chiedere, senza parlare.

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