Montalbano, tra corna e affari internazionali
Francesca Romana D'Amico V C Liceo Classico
È la solita
telefonata a distrarre il commissario dalla routine quotidiana. Due eventi
misteriosi sono avvenuti a Vigàta: l’assassinio
di Nenè Sanfilippo, giovane dongiovanni, e contemporaneamente la scomparsa di
una coppia di anziani coniugi, i signori Griffo. L’unica connessione tra i due
casi consiste nella residenza dei protagonisti, che abitavano nello stesso
palazzo. Inizialmente Montalbano non collega i due fatti, distratto anche dalle
vicende personali e dall’imminente matrimonio di Mimì Augello, compagno fidato
di ogni indagine. Al ritrovamento dei corpi dei due anziani, la prospettiva sul
caso cambia. Montalbano scopre che i
coniugi Griffo erano stati visti l’ultima volta in pubblico durante una gita a
Tindari, in seguito alla quale non si erano più avute notizie di loro. È una
bella studentessa universitaria, che per l’occasione vendeva sul pullman
articoli per la casa, a riferire il comportamento preoccupato e ansioso dei due
coniugi. Inoltre, la ragazza ritiene che al ritorno, dopo una fermata da loro stessi richiesta, i due non erano
risaliti. A questa già intrigata vicenda si aggiunge l’incontro tra il nostro
commissario e il novantenne Balduccio Sinagra, importante capo mafia. A farsi
evidente nel discorso del malavitoso è la differenza tra la vecchia e la nuova
mafia, ma le sue parole sono molto misteriose. Infine, l’anziano fa in modo che la
squadra di polizia arrivi nel luogo dove il boss ha fatto assassinare il nipote
Japichinu Sinagra. Così facendo, il vecchio boss ha la speranza che il
commissario attribuisca ingenuamente la responsabilità del delitto ai nemici dei
Sinagra. Montalbano intuisce, però, che si tratta di una trappola. Grazie alla
scoperta di una casa diroccata, appartenuta ai coniugi Griffo, e covo
dell’esperto informatico Nenè Sanfilippo, Montalbano capisce di trovarsi di fronte
a un affare molto grosso. Ipotesi confermata della relazione segreta,
bruscamente interrotta, tra Nenè e Vania Ingrò, giovane donna di origine rumena
moglie di un noto chirurgo. Indagando sulle attività e sugli introiti illeciti
del medico, Montalbano riesce
finalmente a ricostruire la vicenda per intero. Proprio a Vigàta era situata
una delle basi di una nuova mafia internazionale dedita al contrabbando di
organi. Questa organizzazione, ramificata in tutto il mondo, operava per lo più
tramite Internet, avvalendosi delle
conoscenze informatiche di Nenè Sanfilippo e delle abilissime mani del dottor
Ingrò. Ne era entrato a far parte anche Japichinu Sinagra, diventando un rivale
e un pericolo per il nonno.
Il romanzo
in questione rappresenta uno dei migliori libri della saga di Montalbano.
Camilleri, con la sua scrittura “scanzonata” e soprattutto grazie all’uso del
dialetto siciliano, riesce a farci vivere al meglio l’esperienza di un paesino
siciliano. La caratterizzazione dei personaggi, di cui vengono sottolineati
soprattutto i difetti, è molto curata. Il noto protagonista in questo libro ci
mostra una vena intellettuale, citando Conrad e l’Innominato. I toni sono
leggeri, spesso comici, e l’intreccio indistricabile della trama lascia il
lettore con il fiato sospeso. Le
ipotesi non mancano, ma la vicenda appare troppo frammentata per dare la
possibilità al lettore di immaginare la soluzione del caso.
Il tema centrale è la lotta alla criminalità e, come in altri libri di
Camilleri noto per la sua coscienza civile, il problema viene affrontato nella
sua quotidianità. Interessanti i risvolti internazionali della mafia che
causano in Montalbano quasi uno spaesamento, tratto che viene presentato con
realismo. Il tema del commercio degli organi umani non viene approfondito, ma
desta uno sconcerto tale nei personaggi e nel lettore da provocare una seria
riflessione sulle ingiustizie di cui, troppo spesso, l’uomo si macchia. Da
notare, anche, la rappresentazione del potere, distante, personificato dal
questore che con occhio critico giudica i metodi poco canonici del commissario
di Vigàta.
Nessun commento:
Posta un commento