mercoledì 23 aprile 2014

La Vergine delle rocce: il capolavoro leonardesco?


di
Elisa Miceli
Gabriella Spadaro




Nel XVI sec. a Firenze si registrò un soprassalto di vitalità artistica, grazie alla presenza di quegli artisti eclettici - quali  Raffaello Sanzio, Michelangelo Bonarroti e Leonardo Da Vinci - che eccellevano in tutte le arti figurative. 
Il più anziano di essi, Leonardo Da Vinci, formatosi presso la bottega del Verrocchio, viene considerato un autentico genio: la sua attività artistica si accompagnò sempre a una costante speculazione teorica che investiva una pluralità di ambiti, dall'anatomia alla botanica, dall'ottica alla meccanica e alla matematica.
Gli elementi fondati della pittura di Leonardo sono: 
-la resa verosimile dei corpi, che appaiono dotati di fiato ed anima; 
-la tecnica dello sfumato, che permetteva di dare un'alta definizione a corpi ed espressioni;
-la prospettiva aerea, ottenuta sfumando gli elementi in  lontananza, e la prospettiva a volo d'uccello che prevedeva un punto di vista particolarmente rialzato;
- infine, l'andamento piramidale e l'avvitamento dei corpi intorno al proprio asse.
La fama dell'artista è legata al mistero che aleggia intorno alle sue opere.


La tavola che venne maggiormente criticata per la sua difficile interpretazione è la famosa Vergine delle rocce, commissionata dalla Confraternita dell'Immacolata Concezione e attualmente al Museo del Louvre. Secondo il contratto, il dipinto avrebbe dovuto rappresentare la Madonna col Bambino tra angeli e due profeti, ma Leonardo non rispettò le indicazioni. Il tema ripreso dall'artista è quello dei Vangeli apocrifi: mentre la Vergine e Giuseppe fuggivano in Egitto con Gesù  dalla strage di Erode, trovarono momentaneo rifugio in una grotta del Sinai, dove avvenne un primo miracoloso incontro tra il Cristo e Giovanni Battista.
I personaggi che affollano la scena sono quattro: la Madonna è leggermente piegata in avanti e se ne sta al centro della tavola mentre cinge col braccio destro San Giovannino, coprendolo con il suo mantello in segno di protezione. Contemporaneamente mette la mano sinistra sul Bambino che benedice il Santo, che a sua volta risponde protendendosi verso di lui in un gesto di preghiera. Questo crea un singolare intreccio di sguardi e gesti che permette ai personaggi di interagire tra di loro e con lo spettatore. L'angelo, posto sulla destra, chiude la composizione (che presenta un andamento piramidale), indicando con un gesto molto misterioso San Giovannino, che presenta una posizione di avvitamento e, contemporaneamente, rivolge uno sguardo enigmatico allo spettatore invitandolo a partecipare.
Nel dipinto appaiono tre diverse fonti luminose, una davanti alla scena e le altre, più deboli, sullo sfondo: la prima illumina le quattro figure, mentre le luci penetrano debolmente dalle aperture in fondo alla grotta.
Leonardo sosteneva che la luce è presente in gradi diversi in tutte le particelle dell'atmosfera, pertanto, volendo creare un effetto naturale tramite la tecnica pittorica dello sfumato, egli capì che una sola fonte di illuminazione nel dipinto avrebbe creato contrasti troppo netti: di conseguenza, ponendo una o più fonti di illuminazione, intendeva ricreare, con leggeri mutamenti verso toni più chiari o più scuri, le stesse variazioni di luminosità che avvertiamo guardando un paesaggio reale.
I corpi umani non sono isolati in forme definite e circoscritte, ma si fondono con l' ambiente circostante: i colori delle vesti di Maria e dell'angelo, infatti, sono uguali al blu delle acque e al marrone bronzo delle rocce; mentre il rossiccio dei capelli è della stessa tonalità delle pietre e il luminoso incarnato non è altro che una versione più chiara del colore dominante dello scenario.
L'opera è il trionfo del chiaroscuro: Leonardo Da Vinci evita di contrapporre in maniera evidente le ombre e le zone in luce, scarta i colori troppo brillanti e intensi e preferisce rendere con dolcezza le penombre, le zone grige e gli sfumati con una tecnica che punta allo sfumato, all'equilibrio fisico e psicologico e al naturalismo.
La Vergine delle rocce è stata un'opera molto criticata, a causa dell'assenza delle aureole e della difficile lettura; per questo motivo ne venne fatta una copia dallo stesso Leonardo con gli aiuti di bottega. La riproduzione appare di una più facile lettura; presenta personaggi più vicini, colori metallici e l'assenza della gestualità dell'angelo che presenta ali più chiare e ben definite, mentre San Giovannino ha in mano una croce. 
La tavola ha chiaramente una funzione devozionale; l'interno della grotta incontaminata è simbolo del mistero dell'Immacolata Concezione, mentre la presenza di San Giovanni fanciullo non trova riscontro nelle Sacre Scritture ma, a partire da Rinascimento, ma viene inserita in questa scena quando la Chiesa che deve ospitare il dipinto è a lui intitolata.  
Leonardo anche in quest'opera esprime tutto il suo genio: gli effetti coloristici, lo studio dei corpi e della luce e le espressioni dei volti dei personaggi rendono la "Vergine delle rocce" un capolavoro senza tempo.


1 commento:

Unknown ha detto...

Leonardo da Vinci seguendo Freud rappresentò nella Vergine, Sant’Anna e il Bambino con l’agnello, un bambino con una doppia madre, mentre nella Vergine delle Rocce si può supporre una madre con un doppio bambino. Il tema del doppio, dello specchio era insito in Leonardo che leggeva e scriveva a rovescio senza problemi. Un altro elemento speculare ricorsivo del quadro è la mano rocciosa che sovrasta e contiene quella aperta di Maria. Gli aspetti speculari ricorsivi sono il sigillo del genio. Cfr. Ebook (amazon) di Ravecca Massimo: Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.