martedì 8 aprile 2014

Potere e morte

Sgomento e incredulità nel popolo romano


"Vere Caesar mortuus est"

Cesare è morto, vittima di un complotto organizzato dal suo stesso figlio adottivo e capeggiato da senatori vari e alcuni pretori. Mai l'istituzione del Senato era stata oltraggiata con il sangue

di 
Enea Miraglia

In quante età future questa nostra scena sublime verrà recitata,
 in stati ancora non nati e con accenti ancora sconosciuti" 
Shakespeare
 

Vere Caesar mortuus est”: così si è espresso Antistione, il medico incaricato, secondo la Lex Aquila, dell'autopsia al corpo di Cesare. Sgomento e incredulità sono immediatamente percepibili da queste parole, che segnano il tramonto definitivo dell'epopea di uno dei più grandi condottieri dei nostri tempi. Nessuno si sarebbe mai aspettato di sentire questa frase. Cesare è morto, vittima di un complotto organizzato dal suo stesso figlio adottivo e capeggiato da senatori vari e alcuni pretori.

Mai l'istituzione del Senato era stata oltraggiata con il sangue, ma neanche il rispetto per la domus proprio di tutti i romani ha potuto fermare il desiderio di morte dei crudeli assassini, ognuno dei quali ha voluto infiggere il proprio colpo al corpo di Cesare rivestito dalla candida toga. Mai un giorno di festa, come le Idi di Marzo, è stato offuscato da un sacrilegio tanto grande. Neppure il rispetto verso gli dei ha potuto fermare la brama di sangue degli orridi congiurati. Mai un glorioso sovrano è stato ucciso nell'atto di adempiere le sue funzioni, ma neanche il rispetto dell'operosità umana ha potuto fermare il desiderio di violenza di romani egoisti. Roma oggi non solo ha perso il suo capo, ma soprattutto ha perso la sua libertà e i suoi più cari costumi. La politica si è macchiata di un crimine che non le rende onore, di un crimine che ne dissolve i fondamenti più saldi, di un crimine che la destabilizzerà, mettendo a serio rischio la nostra patria. Ma essa non se ne accorge perché ha gli occhi sbarrati dalla cupidigia del potere, che ad un'analisi superficiale e poco obiettiva sembrava essergli tolto da Cesare. Proprio Cesare, quell'uomo che, con virtù e coraggio, riuscì a conquistare il potere per metterlo al servizio del popolo romano. Cesare, lo stesso uomo che ha adottato una nuova politica economica, favorevole allo sviluppo di Roma, che ha varato nuovi provvedimenti nel campo architettonico per la riorganizzazione e l'abbellimento dell'Urbe e che, sotto il nome della dittatura, ha rafforzato la politica estera e l'esercito romano. 
A niente sono serviti per la politica senatoria tutti questi provvedimenti, odiati per essere stati adottati senza la propria autorizzazione. O Zeus, è proprio vero che il potere logora chi non ce l'ha. Lo logora fino al punto di macchiarsi dei crimini più grandi per riottenerlo, senza comprendere che un potere macchiato a nulla serve, se non al male di se stessi. La morte di Cesare è vero che ha ucciso un uomo solo, ma col tempo ne ucciderà molti, prima i suoi esecutori, poi i suoi mandanti, perché essa mai potrà essere accettata senza sgomento dai romani, né giammai dalla storia, la cui pagina odierna è una tra le più buie di sempre. 

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