Euro ed Europa: stessa radice uguale
significato
di
Tony
Anania
Enea
Miraglia
Lunedì 14 aprile
2014 presso la sala conferenze della Gazzetta del Sud si è tenuto l’incontro
conclusivo del ciclo di conferenze organizzate dal giornale con a tema l’Unione
Europea. Ospite d’eccezione è stato il prof. Pietro Navarra, rettore
dell’Università degli Studi di Messina nonché docente di economia. Tema
dell’ultimo dibattito è stato proprio l’aspetto economico dell’Unione tra i
paesi europei, un aspetto finora accennato negli incontri precedenti dove
maggiore attenzione è stata posta al problema dell’integrazione e della cultura nell’Eurozona.
Relatore della giornata è stato
ancora una volta il giornalista Lino Morgante, direttore editoriale della
Gazzetta del Sud; era presente anche il collega Pietro Orteca. Il ruolo
predominante all’interno della giornata è stato, ovviamente, occupato dal
Magnifico rettore Navarra, che proprio in veste di economista, ancor più di
rappresentante istituzionale dell’Università messinese, ha tenuto una vera e
propria lectio magistralis, dove non ha mancato di sottolineare gli aspetti
positivi dell’unione economica europea, evidenziando anche le
problematiche sorte dall’unione monetaria nei vari stati della zona.
L’introduzione della moneta unica europea (Euro) ha portato notevoli vantaggi
nelle economie nazionali già da un primo momento, perché ha obbligato gli Stati
a raggiungere degli standard economici prefissati che in un certo senso sono
riusciti a stabilizzare il bilancio e il deficit pubblico di ogni nazione,
desiderosa di entrare nella zona Euro. Oltre questo aspetto iniziale, il
rettore ha voluto concentrare la sua attenzione sul fatto che il valore delle
monete nazionali, prima del cambio della moneta, all’estero non avrebbe mai
potuto raggiungere il valore attuale dell’Euro che tecnicamente ricopre il
ruolo di moneta più forte al mondo. L’Euro, infatti, ha permesso una
fortificazione dell’economia europea nei mercati finanziari mondiali, riuscendo
a sottrarre sempre di più la leadership al dollaro americano. Non a caso, infatti,
ha dichiarato il rettore, le maggiori critiche all’unione monetaria europea non
vengono poste da economisti e politici europei, ma da importanti analisti
americani, sempre più timorosi della crescente forze europea. Questo è il caso
dell’autorevole premio Nobel Paul Krugman, che, nell’essere critico verso
l’Euro, è palesemente mosso dalla difesa dell’economia americana. Tralasciando
gli aspetti tecnicisti della vicenda, il prof. Navarra ha voluto anche fare
notare che la moneta europea rappresenta un importantissimo fattore di
integrazione europea, che insieme a molti elementi concorre alla creazione di
una forte identità dei cittadini dell’unione. Nella discussione si è anche
fatto riferimento alla BCE, la banca centrale europea, attualmente gestita
dall’ex governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, elemento controverso tra
le varie istituzioni europee, più volte infatti oggetto di critiche da parte
degli Stati membri dalle economie più piccole, sorpassate nei tavoli
decisionali da paesi economicamente più forti come la Germania. Proprio da
questo problema si è passato a parlare di quelle che sono le negatività
scaturite dall’introduzione dell’Euro nei singoli Paesi, come in Italia dove la
classe politica non è riuscita ad imporre un cambio favorevole e una
riconversione giusta degli stipendi pubblici e privati. Negatività,
quest’ultima, che, secondo il rettore, è da imputare alla dirigenza nazionale e
non alla tecnocrazia europea. Sentendo tali argomentazioni il giornalista
Orteca è intervenuto nella discussione, sfiduciando con il massimo rispetto
intellettuale il prof. Navarra e la sua difesa dell’Europa. In un dibattito,
d’altronde, deve esserci anche questo, così all’europeismo chiaro e sincero del
relatore principale si è opposto l’euroscetticismo del giornalista, convinto
del danno creato, specialmente nell’economia italiana e greca, dall’Euro. Ad
ognuno spettano le sue valutazioni, ma appare innegabile che il progresso di
ogni singolo Stato non possa prescindere dall’Europa, una cui forte identità
potrebbe rendere il Vecchio continente l’ America del futuro. Il giudizio
finale spetta comunque sia alla storia. Ai posteri l’ardua sentenza.
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