C’è musica e musica
Chiara Cavatoi V B Liceo Classico
In un articolo del 2009 pubblicato sul giornale “l’Espresso”
Umberto Eco comunicava il suo parere sulla musica, in un’ottica assolutamente
inconsueta. Si concentrava infatti sulla fruizione passiva e amniotica della
musica, sulla critica di generi e mezzi di ricezione contemporanei: musica rock
posta in contrasto con “l’Aida”, musica elettronica, l’utilizzo di nuovi
apparati tecnologici a discapito di radio e dischi. È vero che auricolari e
cellulari permettono di ascoltare ripetutamente una canzone, una volta dopo
l’altra, portandoci a sdegnarla o a notare parecchi difetti; ciò aggiunto a
danni all’udito e anche al deterioramento del suono. Tutto ciò fa della
musica non più una conquista, come lo era una volta, ma semplicemente un
accompagnamento costante della propria vita, che impedisce addirittura di
concentrarsi sulle azioni quotidiane. Sicuramente la più audace critica mossa
da Eco, e la più criticabile a sua volta, è la mancanza di libertà che deriva
dalla fruizione passiva. Tale concetto è tratto da alcune osservazioni del
filosofo Kant, il quale afferma che le caratteristiche sonore della musica impongano
a chiunque l’ascolto, ledendo la libertà personale. Bisogna comunque
contestualizzare la sua posizione in quanto il filosofo, essendo un illuminista
legato al primato della ragione sull’intelletto, non può certo lodare la musica
che è in realtà una delle più grandi forme di irrazionalità, passione ed
immediatezza. Kant inoltre svaluta la musica in quanto non ritiene che sia un
“nutrimento intellettuale” al contrario di altre arti. Mi trovo totalmente in
disaccordo, proprio questa affermazione comporta, secondo me, la svalutazione
dell’arte stessa: essa è così sublime e grandiosa che il nutrimento
intellettuale che ne può derivare è solo uno degli aspetti che offre. L’arte (e
soprattutto la musica per me) è passione, coraggio, energia, il riflesso di noi
stessi. È armonia che si fonde con
l’irrazionalità, è contrasto di idee, è l’urlo di chi lotta, il pianto di chi
soffre, il sorriso di chi è felice. Se a questo aggiungiamo la comunicazione
ideale, essa si arricchisce ancora di più ma, come il Romanticismo ci ha
insegnato, gli ideali non sono solo bellezza, purezza e armonia; il
brutto, il vero, l’irrazionale non fanno forse parte di noi? L’arte può essere
sia ciò a cui tendere sia la manifestazione della nostra interiorità, che non
sempre riflette valori assoluti.
Io sono una grande appassionata di musica e la ritengo una delle
forme d’arte più spettacolari che l’uomo abbia mai creato: attraverso un brano,
una canzone non solo ascoltiamo una melodia, ma leggiamo il testo e capiamo ciò
che vuol comunicare, fantastichiamo sulle immagini. La musica non ha sempre
bisogno di testi importanti perché, grazie ai suoni, possiamo associare il
contenuto che desideriamo! È fantasia, è
ricchezza, è immaginazione. Se potessi, risponderei ad Eco e a Kant: l’ascolto
di generi musicali che non conosciamo o che non ci piacciono, attraverso la
fruizione passiva, non è forse cultura? La conoscenza non è limitata al nostro
gusto o alle nostre scelte.
Devo precisare a favore di Eco che talvolta però, quando ascolto
alla radio una canzone che non mi conquista, sento le orecchie fischiare
e con violenza cambio subito stazione radio continuando a brontolare… Ma tutti
i generi sono espressione di un modo di essere e non vanno criticati, ma
capiti.
Attraverso la mia musica (che può non piacere ) ho imparato a
comunicare, a divertirmi e a divertire, ad avere dei modelli, ad avere delle
possibilità, a celare il silenzio assordante di quando mi sento sola. Sento
sempre di dipendere da essa e di doverle dire GRAZIE.