venerdì 23 gennaio 2015



Commento personale all' intervista ad

 Andrea Camilleri “il maestro senza regole”

Paolo Giordano VB Liceo Classico



Dall’intervista rilasciata da Camilleri all’attrice comica Teresa Mannino, siciliana come lui, emerge la grandissima personalità dello scrittore in tutte le sue sfaccettature: quella umana, culturale, psicologica e professionale.
Dal punto di vista professionale ed intellettuale emerge il suo grande amore per la lettura, sua compagna di vita; con rammarico rimpiange che all’età di ottantott’anni la sua salute non gli permetta più di “gustarsi” le pagine di un libro e considera ciò la punizione peggiore che qualcuno gli potesse mai infliggere.
Riferisce inoltre che questo suo amore per il racconto gli è stato trasmesso dalla nonna che, da piccolo, spesso gli raccontava storie inserendo, di volta in volta, parole da lei inventate che  poi lui amava reinterpretare.
Deve invece la stesura del primo libro al padre che, quasi in punto di morte, lo invitava a mettere per iscritto ciò che gli aveva raccontato durante una notte passata insieme, insistendo affinché non cambiasse nulla, neanche il linguaggio utilizzato, quel  misto di italiano e dialetto, che in futuro sarebbe stato il suo marchio di fabbrica e ciò che lo avrebbe reso famoso.
Dal punto di vista umano, dall’intervista emerge un personaggio umile; ciò si evince anche da come ne parlano gli stessi amici di Porto Empedocle, che vedono in lui un esempio da imitare e da seguire, oltre che i parenti intervistati da Teresa Mannino nel suo paese natio. Camilleri, nella sua vita, è stato capace di instaurare bellissime amicizie con tutti; non disdegna l’amicizia del ristoratore del suo paese, uomo semplice e peraltro con qualche guaio con la legge (infatti i due si conobbero la prima volta in carcere), sia con gente molto colta, del calibro di Elvira Sellerio, che in seguito sarà la sua editrice e che lo considererà quasi come un fratello. Emblematico nella sua vita sarà il ruolo del suo professore di italiano al liceo, il  quale si faceva pagare simbolicamente per attirare l’attenzione, perché aveva capito che gli allievi, pagando, avrebbero preteso di imparare il più possibile, persino coloro che fino a quel momento si erano mostrati del tutto disinteressati. Inoltre, la sua vecchia pagella  dimostra come in realtà non sia stato poi così diverso da molti studenti a scuola:  aveva insufficienze in latino e in greco! Camilleri, con le sue parole, ha sottolineato l’importanza di saper scegliere un lavoro che ci coinvolga e piaccia così da non  risultare pesante e noioso. Significativa è infatti l’immagine  del funambolo che affronta i suoi salti col sorriso e senza trasmettere mai la fatica, l’impegno e le ore di allenamento che stanno dietro all’esibizione.
Nella parte finale dell’intervista poi racconta il rapporto col padre, inizialmente più freddo e distaccato, poi, a causa della malattia, più stretto e confidenziale. Negli ultimi mesi di vita si erano detti tutto ciò che non si erano  confessati  in precedenza e così, dichiara, che  non poteva non essere dedicato al padre  il suo primo libro “Il corso delle cose” e lo ringrazia   nella  dedica  presente  nella prima pagina  “di non avergli insegnato nient’altro che di essere se stesso.”
Personalmente sono rimasto particolarmente sorpreso dall’umiltà che ha mostrato di avere, nonostante l’incredibile fama di cui gode sia in Italia che all’estero, insiste  fino alla fine dell’intervista di non voler  esser chiamato maestro, perché non si  ritiene di  meritare  questo  appellativo, sa di non sapere e che c’è una verità più grande, un po’ come Socrate, ma vuole piuttosto essere considerato un semplice consigliere.

 “La forma dell’acqua”

di Andrea Camilleri


Il romanzo, pubblicato nel 1994, è la prima della lunga serie delle inchieste di Montalbano. L'autore scrive con uno stile personale facendo largo uso del dialetto e soffermandosi su luoghi o fatti che aiutano alla comprensione: si vedono i quadri, si sentono gli odori, si gustano i sapori di piatti prelibati. Il narratore, che è onnisciente, si chiede e si interroga, insieme al personaggio principale, del perché di ciò che accade e fa congetture e supposizioni sui fatti che avvengono in questo paesino siciliano, Vigata,  non del tutto inventato dall’autore, infatti si rifà ad un paesino dell’agrigentino, suo luogo di provenienza; la vicenda si svolge in un periodo storico non precisato ma probabilmente nel XX esimo secolo.
Il protagonista è “Salvù", il commissario Salvo Montalbano, prima uomo e poi commissario, personaggio di una rettitudine e sensibilità umana difficili da conservare in una terra piena di contrasti e continui compromessi. Burbero, un po' iroso, umano. In alcuni casi gioca a fare Dio ma arriva sempre a capire e a risolvere i problemi che gli si presentano.
Ci sono, come è naturale che ci siano, dei personaggi davvero inquietanti: per esempio, l'avvocato Rizzo, l’erede spirituale dell’attività politica di Luparello che quando gli viene comunicata la notizia della morte non ha nessuna reazione e non chiede spiegazioni. È un uomo falso e opportunista, invischiato con i politici e le persone di potere. Non ci sono dati sull’aspetto fisico, ma viene descritto come un uomo elegante ed estremamente curato. È  il cattivo della storia, ma non il colpevole di tutto e alla fine avrà la vita che si merita. Molti sono gli interessi in gioco, inoltre ci sono anche figure bellissime di donne dal carattere dignitoso e dotate di un intelletto superiore nel capire le cose, come la signora Luparello; mentre ce ne sono altre che si lasciano facilmente coinvolgere negli eventi, soltanto perché la loro reputazione non è esente da macchie, come Ingrid Sjostrom. Troviamo poi Livia, la compagna di Montalbano, fedele e paziente della quale non traspare alcun particolare fisico; Pino Catalano e  Saro Montaperto due geometri disoccupati che ritroveranno il cadavere e Giorgio Luparello, un giovane di circa vent’anni, alto, biondo e dal corpo perfetto. Un ragazzo debole e fragile, affezionato allo zio ucciso tragicamente, sente molto la sua mancanza.
Personalmente mi è piaciuto molto il titolo dell’opera “La forma dell’acqua” perché rispecchia pienamente la vicenda, come a dire che è l’uomo ad attribuire alle cose i significati che vuole.  L’acqua assume la forma del recipiente in cui la mettiamo ed anche la verità assume la forma che ci fa più comodo. Tuttavia, a causa forse delle mie grandi aspettative o per la semplicità e la brevità del libro, non sono riuscito a “vivere” la storia in prima persona. Inoltre ho notato  in alcuni passi dell’opera un’eccessiva descrizione di particolari non necessari e poco significativi e in certi casi alcuni personaggi compaiono dal nulla. Comunque essendo il primo libro  che leggo di quest’autore non ritengo di essere in grado di poter dare un giudizio più circoscritto.

Nessun commento: