mercoledì 28 gennaio 2015



Commento personale all’intervista ad 

Andrea Camilleri “il maestro senza regole”



Ylenia Calogero V A Liceo Classico



Si è soliti associare Andrea Camilleri al commissario Montalbano non riuscendo a comprendere fino in fondo la grandezza e lo spessore culturale di quest’uomo. È vero, Montalbano è il suo personaggio più famoso, quello che lo ha fatto conoscere in tutto il mondo. Ma ci siamo mai chiesti chi fosse realmente il suo creatore?  Il grande Camilleri ha rilasciato, nel corso della sua carriera, molte interviste che raccontano della sua passione e della sua vita. L’ultima intervista che ho visto, “il maestro senza regole”, vede interagire l’autore con Teresa Mannino e riesce in soli 90 minuti a fare un vero e proprio resoconto della sua vita e della sua scrittura. È talmente interessante che perfino i  più svogliati non riescono a distogliere l’attenzione da ciò che stanno guardando.
Ci racconta di aver frequentato l’Accademia di Arte drammatica a Roma e di esserci in seguito tornato come professore. Ritenuto dai suoi ex allievi molto severo, è ricordato come un uomo che li spronava sempre a seguire i loro sogni chiedendo loro di rialzarsi dopo una caduta e riprovare. La sua carriera di scrittore iniziò dopo una promessa fatta al padre prima di morire. Racconta di non aver mai avuto un buon rapporto con lui, ma i giorni che precedettero la sua morte furono per loro importanti per riuscire a chiarire cose rimaste in sospeso. Camilleri, per la prima volta, gli confida di avere il desiderio di scrivere un romanzo. Il padre fu subito entusiasta dell’idea e gli fece promettere che lo avrebbe scritto e pubblicato. Infatti, dedica proprio a lui il suo primo romanzo affermando che “non gli ha insegnato nulla se non ad essere ciò che è”. Dedica bellissima in cui traspare il  forte legame con la famiglia. Ah, a proposito di famiglia sapevate che Andrea Camilleri è cugino di Luigi Pirandello? È divertente la storia che ha raccontato sulla prima volta che lo ha incontrato. Ricorda ancora l’emozione provata dalla nonna nel rivederlo ormai ammiraglio dopo tanti anni. Ciò che rende Camilleri così speciale sono i valori che ha continuato ad avere, nonostante la sua fama. L’umiltà è, forse, ciò che lo diversifica dagli altri. In pochi, dopo aver venduto milioni di copie in tutto il mondo, continuano a vivere con semplicità la loro vita ed in tanti rimangono sconcertati di fronte alla sua umile casa e alla sua vita.
È bellissimo ciò che dice della moglie e degli affetti. Nulla lo spaventa, la morte è soltanto qualcosa compresa nel prezzo del biglietto ricevuto alla nascita, spiega lo scrittore. Ma ciò che potrebbe distruggerlo emotivamente sarebbe soltanto la perdita degli affetti.  Il rapporto con la moglie ha sempre avuto un ruolo fondamentale nella sua vita. La nipote li definisce liberi e la libertà è proprio uno degli ideali più importanti del suo pensiero. Racconta di un suo professore ritenuto da lui un “maestro di vita” che insegnò loro ad essere dei veri uomini e che gli spiegò il vero valore della libertà; vivendo nel periodo fascista aveva l’obbligo di indossare una camicia nera, ma vergognandosi di ciò teneva sempre il cappotto abbottonato fino al collo.
Ritiene il suo lavoro di scrittore un hobby perché, qualora questa sua passione degenerasse in lavoro, non riuscirebbe più a trovare l’ispirazione. Critica, in qualche modo, i suoi colleghi che faticano a trovare idee per i loro libri. Paragona lo scrittore ad una trapezista di un circo equestre che mostra agli altri le proprie abilità, passioni e capacità senza rivelare allo spettatore la fatica fatta. In quei novanta minuti siamo circondati da così tanta cultura, passione e simpatia che persino una “parolaccia” di troppo non crea sgomento.   Forse l’insegnamento più importante, che ha dato a tutti ma in particolare ai giovani, è di essere sempre se stessi; è difficile, al giorno d’oggi, trovare un adolescente che riesca a mostrare se stesso fino in fondo; vuoi per timidezza, vuoi per diffidenza, vuoi per cercare di farsi accettare dalla comitiva inizia a nascondere una parte di se stesso che prima o poi finirà per apparire. Secondo me, è  molto educativo ed importante introdurre autori come Camilleri nel percorso formativo degli studenti perché, a parte la sua grande produzione, è veramente un maestro di vita e mi ritengo davvero fortunata di avere il privilegio di vederlo ed averlo conosciuto ancora in vita.


“Dentro il labirinto” 

di Andrea Camilleri




All’interno del libro Camilleri indaga sulla morte di Edoardo Persico, un intellettuale assai noto all’epoca del fascismo, che morì in circostanze che non furono mai chiarite. La motivazione ufficiale della sua morte fu quella che vede il protagonista stroncato da un infarto, ma giravano voci che si potesse trattare di un omicidio passionale o di un assassinio politico. Era risaputo che Persico avesse lavorato alcuni anni come manovale alla FIAT di Torino dove, divenuto amico dei pittori Calo Levi e Lionello Venturi, aveva sostenuto un gruppo di artisti noti come il “gruppo dei Sei”. Antifascista dichiarato, una volta giunto a Milano iniziò ad acquistare una certa fama. Camilleri analizza i documenti relativi alla sua morte cercando, con la sua immaginazione, di scoprire la verità tra ambiguità e menzogne.

Raccontando gli eventi Camilleri li propone in maniera ordinata seguendo un preciso ordine cronologico. Nella prima parte del racconto mette insieme tutta una serie di prove del decesso, invece nella seconda parte tenta di ricostruire gli avvenimenti che  portano alla morte. Nella storia prevalgono le sequenze narrative relative al racconto degli avvenimenti della vita del protagonista ma  ci sono anche sequenze descrittive e soprattutto riflessive, che si possono trovare nella seconda metà del libro, in cui Camilleri fa un resoconto personale della vicenda.   Non ci sono tecniche narrative come flashback, prolessi o ellissi; gli avvenimenti vengono narrati in ordine cronologico, quindi secondo la fabula.
La vicenda si verifica nel periodo di maggior sviluppo del fascismo e vede la morte del protagonista l’11 gennaio del 1936.
Il protagonista della storia è Edoardo Persico, un intellettuale assai noto per la sua fama di critico, giornalista ed architetto, vissuto in epoca fascista. Trasferitosi a Milano iniziò ad acquistare una certa notorietà per i suoi gesti stravaganti e per il suo antifascismo dichiarato.
Il linguaggio utilizzato all’interno del libro è semplice, non sono presenti frasi in siciliano, a differenza di molti altri libri dell’autore.

La lettura di questo libro è scandita in due momenti: una prima parte documentaria con precisi riferimenti alla cronaca di quei tragici ultimi giorni della vita del protagonista e una parte romanzata, in cui Camilleri tenta di dare una soluzione ad una vicenda rimasta tutt’oggi irrisolta. Leggendo la prima parte del libro si trova una perfetta ricostruzione dei fatti sulla base di documenti ma la lettura, secondo me, risulta essere un po’ noiosa. Ho divorato, invece, gli ultimi tre capitoli in cui l’autore dà la sua versione dei fatti ricostruendoli, attraverso la finzione letteraria, nello stesso modo in cui rimetterebbe insieme i pezzi di una vicenda il commissario Montalbano. Ritengo che questa non possa essere considerata tra le migliori opere di Camilleri, ma “Dentro il labirinto” rimane comunque un libro che aiuta a comprendere meglio la vicenda della morte irrisolta di uno degli artisti poliedrici più noti del XX secolo.

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