martedì 27 gennaio 2015



Commento personale all’intervista ad 

Andrea Camilleri “il maestro senza regole”



Rocco Scalia III B Liceo Classico


Camilleri si dimostra, al contrario del suo aspetto, un uomo dinamico e seducente, dallo spirito comico tendente all’ironia, che parla dei suoi romanzi e dei suoi personaggi senza alcun riserbo, anche con una  particolare autocritica.
La sua primordiale passione per il teatro rende la sua immagine ancora più ricca di mistero.
La sua apertura, verso l’intervistatrice e verso la telecamera, a fatti personali e privati dimostra la sua grande dinamicità e si può palesemente constatare la passione e l’amore per la cara Sicilia.
Troviamo assoluta disponibilità ed apertura mentale nella lunga e dettagliata descrizione dei ricordi d’infanzia e degli anni del liceo; racconta per filo e per segno della sua giovinezza che identifica con gli anni in cui imparò a raccontare, soprattutto grazie alla nonna Elvira.
Camilleri si presenta come un uomo umile con solidi valori sociali che, nonostante il successo, è riuscito a mantenere. Nel raccontare il ricordo del padre morente prova molta nostalgia, facendo trapelare un forte sentimento sotto una finta indifferenza.
Attraverso aneddoti e ricordi, Camilleri traccia la linea sulla quale è stata improntata la sua educazione, i valori ai quali crede fermamente e soprattutto “l’essere solo e soltanto se stessi”,  per cui rifiuta fermamente di essere chiamato “maestro”, in quanto nessuno può insegnare ad un altro ad essere se stesso.


 “Gli arancini di Montalbano” 

di Andrea Camilleri  



L’opera “Gli arancini di Montalbano”, scritta dall’autore siciliano Andrea Camilleri, edita da Sellerio, è una raccolta di brevi storie riguardanti le inchieste del commissario Montalbano. Da una moglie infedele che come una mantide religiosa uccide l’uomo che ha saputo resistere alla sua tentazione all’atto di cannibalismo di due uomini che cucinano il corpo di una bambina precedentemente sequestrata e uccisa. Camilleri racconta svariate indagini dalle diverse sfaccettature,  accomunate tutte dalla figura principale del commissario Montalbano, che con il suo essere cinico e seducente allo stesso tempo colora le oscure indagini di mafia e criminalità organizzata, riducendo la serietà indotta dai temi trattati con frasi ironiche o con sequenze che trattano la vita privata del commissario, che si distacca dalla realtà brutale delle sue inchieste.
Il tempo in cui si svolgono le vicende non è specificato, ma si presume che Camilleri ambienti le indagini di Montalbano in età contemporanea  a Vigata e Montelusa, luoghi immaginari che  l’autore colloca nella parte meridionale della Sicilia. La loro descrizione ricorda il paese natale di Camilleri Porto Empedocle e non mancano le citazioni di città realmente esistenti come Catania e Palermo. Il ritmo narrativo è in equilibrio, la lettura non è noiosa in quanto si alternano sempre diversi tipi di sequenze che la rendono scorrevole e di facile comprensione. Nel corso della lettura infatti si susseguono tutti i tipi di sequenze, una particolarità che rende più interessante la lettura del libro. Particolarmente importanti sono le sequenze riflessive di Montalbano, quando il commissario cerca di capire il movente del delitto, riportando alla mente tutte le vicende che ipotizza. Le vicende seguono quasi tutte la fabula, sono presenti solo sporadici flashback, che sono necessari per far capire al lettore gli sviluppi dell’inchiesta; i flashback spesso sono frutto di testimonianze di sospettati o testimoni che aiutano il commissario nelle sue indagini. La voce narrante è esterna alla storia, non sono presenti elementi che ci facciano comprendere che il narratore non è onnisciente, ma in un capitolo particolarmente crudo, nel quale lo stesso Montalbano chiama il narratore Camilleri chiedendogli ironicamente il perché avesse scritto una storia così terribile, capiamo che la voce narrante corrisponde a quella dell’autore. La voce narrante tende tuttavia a sottolineare le sensazioni e lo stato d’animo dei vari personaggi e soprattutto del protagonista Montalbano, i cui stati d’animo creano una cornice che rende più vivo il personaggio creato da Camilleri.
Il personaggio principale è il commissario Salvo Montalbano, che viene circondato dai suoi collaboratori Fazio, Galluzzo, Catarella e Domenico Augello. Nel corso del libro Montalbano non viene descritto né fisicamente né psicologicamente, dal racconto possiamo soltanto capire la sua passione per la cucina, soprattutto per il pesce, ed il suo tabagismo.
Camilleri ha scritto circa una ventina di libri sulle inchieste di Montalbano; la figura del commissario e dei suoi collaboratori è presente in tutti, così come è ricorrente in tutti i libri  l’uso del dialetto siciliano, che identifica la provenienza e l’amore dell’autore per la terra natia.
Le storie e le indagini del libro “Gli arancini di Montalbano” sono senz’altro avvincenti, appassionanti ed  interessanti;  piccoli, nel senso buono del termine, capolavori del filone giallo. È  da ammirare senz’altro la scelta dell’ambientazione da parte dell’autore, un po’ meno la scelta del lessico e del modo nel quale sono trattati i temi, l’uso del dialetto siciliano è senz’altro una tecnica efficace per rendere più vivo lo scenario siciliano delle storie, ma da un certo punto di vista, secondo me, potrebbe distorcere la visione che potrebbe avere un lettore non siciliano, una visione della Sicilia come una terra di bassa levatura sociale e culturale. Dal punto di vista dei temi trattati, la ricorrenza del tema mafioso potrebbe indurre i lettori a pensare che la Sicilia sia un luogo abitato soltanto da mafiosi e da uomini di legge che li rispettano in quanto tali, immagine che personalmente penso non corrisponda alla realtà e che dà una visione distorta della nostra bella Sicilia.

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