mercoledì 28 gennaio 2015



Commento personale all’intervista ad

 Andrea Camilleri “il maestro senza regole”





Angela Spinella V A Liceo Classico


Dopo aver visto l’intervista al grande Andrea Camilleri la prima sensazione che personalmente ho provato è stata quella di grande stupore; vedere come quest’uomo, nonostante la sua età, riesca a comunicare determinati valori a noi così giovani lascia stupefatti. La cosa che mi ha colpita maggiormente è stata la sua lucidità nel parlare dei suoi ricordi, delle sue esperienze di vita, una vita vissuta con semplicità ed umiltà. Particolarmente commovente è stato il momento in cui ha ricordato la dedica fatta a suo padre sul primo libro pubblicato: “A mio padre che non seppe insegnarmi nulla, se non di essere quello che sono”. Penso che non ci siano parole in grado di commentare tale affermazione. Nei suoi occhi era ben visibile la commozione che esprimeva tutto. Un altro dei momenti più belli è stato quando, parlando della morte, ha detto che l’unica cosa che lo spaventa veramente è la perdita degli affetti, cosa che spaventa un po’ tutti noi; è veramente terribile perdere gli affetti delle persone più importanti della nostra vita, quelle con le quali ci siamo presi per mano, quelle con le quali siamo caduti e ci siamo rialzati. Ciò che mi lascia quest’intervista, oltre all’immagine di un grande uomo, è la convinzione che per “fare” una vita grande, bastano cose piccole. Per “fare” una vita grande Teresa Mannino dice: “Dobbiamo imparare a giocare con la vita senza paura.”.


“ Il cane di terracotta” 

di Andrea Camilleri



Il romanzo inizia con l’indagine per la repressione di un traffico di armi ma, successivamente, l’argomento principale diventa l’omicidio di due giovani innamorati avvenuto in un tempo ormai passato. Tutto il romanzo ruota intorno ad una grotta che nasconde il segreto dei due giovani. Mentre Montalbano indagherà, subirà un doloroso lutto, la morte di Gegè, uno dei suoi informatori, ma anche un carissimo amico. Prima di morire Gegè gli riferirà che Tanu “u grecu”, pluriomicida latitante, vuole consegnarsi a lui per non cadere nelle mani della nuova mafia. Ma la mafia non ci casca e durante il trasferimento da un carcere all’altro Tanu viene ferito mortalmente. Il vecchio boss in punto di morte confesserà  a Montalbano l’esistenza di un grosso traffico di armi, che vengono tenute nascoste in una grotta. Il preside Burgio rivelerà a Montalbano che la grotta ha una lunga storia e il commissario al suo interno scoprirà i corpi mummificati di due giovani. Svelati i nomi dei due amanti, Montalbano riuscirà infine a far luce su un caso che sembrava avvolto nel mistero dalla notte dei tempi.
Nel romanzo sono presenti sequenze di vario tipo, descrittive, narrative, dialogiche e riflessive, soprattutto quando Montalbano medita sulle  indagini. Ci sono anche alcuni flashback, dei quali l’autore si serve per spiegare alcuni passaggi e cambi di scena. Il narratore è principalmente esterno, ma a volte si immedesima nei pensieri del commissario, diventando narratore interno. La vicenda è ambientata in epoca contemporanea, ma il delitto risale a molti anni prima; sullo sfondo ci viene presentata la vecchia e contrastata Sicilia, quella dell’onore e dell’orgoglio di Tanu “u grecu”. Il protagonista è il commissario Montalbano, così semplice e allo stesso tempo complicato. Affiancano il suo operato i suoi fedeli collaboratori.  Dal punto di vista del linguaggio troviamo l’uso del dialetto siciliano ed espressioni comiche che rendono la vicenda ancora più coinvolgente.
Il romanzo è molto appassionante nelle parti di maggiore suspense; all’inizio può risultare un po’ difficoltoso capire il testo per la presenza del nostro dialetto, a me a volte incomprensibile. Ho trovato particolarmente avvincente la storia dei due giovani innamorati, la loro vita contrastata, privi della libertà di poter vivere serenamente il loro amore e infine la loro morte drammatica.

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