domenica 25 gennaio 2015



Commento personale all’intervista ad Andrea Camilleri “ il maestro senza regole”




Kevin Barca V B Liceo Classico


A proposito del suo lavoro, il maestro, che non vuole essere chiamato maestro, dice di sentirsi un trapezista della letteratura e cioè di non voler far percepire al lettore il grande lavoro che c’è dietro un’opera, per non guastare il piacere e la leggerezza della lettura con l’ombra della fatica della scrittura. Per Camilleri, anche se scrivere comporta anche fatica, deve essere uno sforzo compiuto con piacere  “ se la mia scrittura deve degenerare in lavoro, io non scrivo più”.
È lui stesso a dire di sé di essere stato un pessimo padre, ma  un ottimo nonno. Arrivano poi altri ricordi da parte di coloro che sono stati suoi allievi, mentre poco dopo lo stesso scrittore confessa che, giunto alla sua età, non è la morte a spaventarlo ma la perdita degli affetti. Per Teresa Mannino è arrivato il momento di congedarsi dal suo compagno di viaggio che, come lei stessa confessa, gli ha lasciato un grande insegnamento, quello di avere la capacità di “giocare con la vita”. Ma non è l’ultima volta che i due si vedono, dato che il programma si chiude con un commovente incontro tra i due, che se ne vanno a braccetto per i sentieri assolati della Sicilia, con il maestro che recita la “ Vispa Teresa”.                                   
Ho capito tante cose dall’incontro-intervista di Teresa Mannino con Andrea Camilleri, un racconto in cui l’interazione tra i due protagonisti porterà a improvvisazioni brillanti, a momenti di grande emozione, ad uno scambio ricco e coinvolgente. Un maestro a cui non piace essere chiamato così, anche se i suoi allievi della scuola di teatro lo considerano tale. E lo stesso vale per tutte le persone che lo hanno amato, amano e ameranno i suoi libri. Al padre è indirizzata la dedica del suo primo libro “ Il corso delle cose”. L’autore dedica questo libro alla memoria di suo padre, che non seppe insegnargli altro se non di essere quello che è.                                          
             

“Il giro di boa” 

di Andrea Camilleri




Secondo me, il settimo romanzo di Camilleri ci restituisce un commissario, Montalbano, estremamente turbato ed in preda ad una crisi personale e professionale in seguito ai fatti di Genova che sono stati lo spunto per una più ampia riflessione su alcuni temi e questioni dell’attualità politica: lo scollegamento tra società civile e forze dell’ordine, l’informazione e la propaganda mediatica, il clima di estrema tensione e l’emergenza per quanto riguarda il fattore immigrazione.      Tutto ciò è comprensibile, infatti per me nell’esistenza di tutti noi c’è un momento in cui occorre fermarsi, perché la strada finora percorsa ci ha condotto in un luogo che non riconosciamo più e ci sentiamo persi, senza punti di riferimento. E sono questi, alcuni dei numerosi messaggi morali, che il grande scrittore, Andrea Camilleri, vuole farci percepire attraverso la lettura dei suoi libri. A questi si aggiungono messaggi di giustizia, libertà, lealtà e soprattutto senso del dovere, che al commissario, naturalmente, non mancano mai.   Inoltre è  bello riuscire a notare come lo scrittore adatti perfettamente alla realtà storica la sua realtà letteraria, con personaggi e quant’altro, riuscendo a creare un mix perfetto, che non dispiace ai lettori appassionati.

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