martedì 27 gennaio 2015



Teresa Mannino intervista Andrea Camilleri 

“il maestro senza regole”


Erika Ilacqua III B Liceo Classico


Tempo fa io e la mia classe abbiamo visto a scuola l’intervista di Andrea Camilleri fatta da Teresa Mannino per poter intraprendere la lettura dei suoi libri in modo più chiaro e per poter conoscere l’autore in modo diretto. Personalmente quest’intervista ha suscitato in me un profondo interesse, ma soprattutto mi ha fatta riflettere su molte frasi dette da lui che pensandoci, si sono rivelate emozionanti e con un significato molto profondo. L’intervista inizia con l’incontro dei due all’ Auditorium, alla presentazione dell’ultimo libro di Andrea Camilleri, e inizialmente viene sottolineata l’enorme emozione che prova Teresa Mannino. Successivamente si incontrano a casa del grande “maestro” e iniziando a conoscersi, Camilleri racconta di sé. Una delle prime frasi che mi ha emozionata di più è quella in cui cita la trapezista che,nonostante la fatica dell’allenamento, si dimostra bella, sorridente e con una leggerezza unica. Lui la definisce il suo “ideale” e spiega a Teresa Mannino che è così che vorrebbe vivere, senza mostrare a nessuno la sua fatica nello scrivere. Questa, secondo me, è una frase che ognuno di noi dovrebbe prendere in considerazione nella vita quotidiana perché, nonostante i sacrifici che ognuno di noi fa, la cosa migliore è sempre sorridere e affrontare anche i momenti più difficili con molta serenità. Camilleri, durante l’intervista, racconta anche della visita di Luigi Pirandello a casa sua. Lui era molto piccolo ma ricorda la forte emozione che provarono sua nonna e i suoi genitori nell’incontrare il grande ammiraglio che tra l’altro era anche suo cugino. Penso però che la parte che mi ha più emozionata e che, credo, abbia emozionato un po’ tutti, è il racconto riguardante il rapporto con il padre che si ammalò di tumore e poco dopo morì. Camilleri trascorse con lui il tempo concessogli e riuscirono a chiarire molte cose che prima erano rimaste in sospeso. Una sera, racconta, disse al padre di voler scrivere un romanzo e lui, che era un ottimo lettore, lo costrinse a farlo precisamente come l’aveva raccontato a lui. Il racconto dettagliato della morte di suo padre provoca in  me, anche adesso riascoltando l’intervista, un’emozione molto forte. Camilleri ci fa riflettere sul fatto che ognuno di noi alla nascita riceve un ticket; la nostra vita, quando nasciamo, è già scritta. Tutte le nostre avventure, la giovinezza, la vecchiaia, i piaceri, la maturità e infine la morte sono cose che sono destinate ad essere e noi dobbiamo essere consapevoli di dover morire e accettare tranquillamente la morte. “Non ti puoi rifiutare di morire, è compreso nel biglietto!” afferma Camilleri. Personalmente  credo che ognuno di noi dovrebbe accettare il fatto che morire fa parte della nostra storia e, essendo consapevoli di ciò, dovremmo cercare di vivere la vita nel migliore dei modi.


“La gita a Tindari”

 di Andrea Camilleri



Il libro intitolato “La gita a Tindari” scritto da Andrea Camilleri tratta l’inchiesta affrontata dal commissario Montalbano e dalla sua squadra riguardo l’assassinio di un ragazzo, Nenè Sanfilippo, e di due coniugi anziani, i signori Griffo. Inizialmente la polizia cerca di capire i motivi dell’uccisione di questi tre uomini che abitavano nello stesso palazzo, in via Cavour, interrogando tutti i vicini che si trovavano negli appartamenti dell’edificio per capire se tra il ragazzo e i due coniugi ci fossero dei rapporti. Hanno da tutti una risposta negativa, in quanto i due vecchietti erano molto riservati. I signori Griffo, prima della scomparsa, erano stati visti per l’ultima volta in una gita a Tindari.

La vicenda accade alla fine degli anni novanta, nell’arco di qualche settimana.Il luogo principale in cui si svolge è Vigàta, dove lavora Montalbano, un paesino siciliano in provincia di Montelusa, non molto lontano da Montereale e da Marinella, dove egli abita, piuttosto distante dalle grandi città di Trapani, Messina e il santuario di Tindari.Il ritmo narrativo è veloce ma anche in equilibrio, infatti nel racconto troviamo soprattutto sequenze narrative e dialogiche. La narrazione segue l’intreccio perché ci sono delle analessi per la ricostruzione degli indizi e la risoluzione finale del caso.
Il narratore è onnisciente ma il punto di vista è interno alla narrazione.

Caratterizzazione dei personaggi

Il protagonista è Salvo Montalbano, il commissario di Vigata, dotato di lucida capacità di giudizio su fatti e persone. Egli è un uomo sulla cinquantina, onesto, non corrotto dai politici locali e sempre pronto ad aiutare i deboli. È solitario e ama molto il mare. L’antagonista è il dottor Ingrò , un famoso chirurgo con la mania della collezione di quadri molto costosi, coinvolto in questa storia in quanto costretto dalla mafia ad operare trapianti illegali. Per quanto riguarda i personaggi secondari incontriamo invece Livia, che è la fidanzata di Montalbano, fedele e molto paziente; Catarella, che lavora al centralino del commissariato ed è piuttosto ignorante ma dotato di un notevole senso pratico; Fazio, uomo leale, talvolta intrappolato nella sua mente logica e rigorosa, fa parte della squadra di Montalbano; Mimì Augello, vice di Montalbano e suo indispensabile confidente, è un punto fermo della squadra e in questa storia si innamora di Beba; Don Balduccio Sinagra, il vecchio boss della mafia palermitana, “uno scheletro vestito” che non ha perduto il carisma benché la nuova mafia faccia oscillare la sua autorità; Nicolò Zito, l’amico giornalista di Montalbano, che riceve sempre da lui gli scoop a condizione che dica quello che lui vuole. Compaiono all’interno della storia Beatrice, una bella ragazza alta, bionda e snella che si innamorerà di Mimì; Nenè San Filippo, il giovane assassinato, amante delle donne e dei computer; il questore Bonetti-Alderighi, rigido nei confronti di Montalbano; i coniugi Griffo, i due pensionati uccisi; il figlio Davide; l’avvocato Guttadauro, prediletto dai mafiosi; Don Saverio Crucillà, “patre spirituale” del nipote di Don Balduccio; Vanja Titulescu, trentunenne rumena e sposata con il ricco chirurgo Ingrò; i vari anziani che si erano recati a Tindari con i Griffo e che invadono il commissariato.

Personalmente questo libro mi ha affascinata parecchio ed è stato sicuramente il poliziesco più bello che io abbia letto. Le tematiche mi hanno colpita molto, soprattutto perché ad un certo punto i fatti cominciano ad ingarbugliarsi a tal punto da confondere il lettore ed allo stesso tempo da spingerlo ad immedesimarsi nel commissario per cercare di trovare una soluzione al caso.  Lo scrittore ha però poi la capacità di portare tutto a posto, permettendo al lettore di riuscire a ricostruire la vicenda partendo da un’ipotetica soluzione che poi si dimostra essere quella autentica. Ritengo sia un libro molto scorrevole anche grazie allo stile e alle tecniche narrative utilizzate da Camilleri; nella narrazione troviamo molti termini in dialetto siciliano che rendono il racconto adeguato all’ambientazione in cui si svolge la vicenda.

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