Commento personale all’intervista ad
Andrea Camilleri “il maestro senza regole”
Gabriella Spadaro V A Liceo Classico
L’intervista mandata in onda dalla RAI per celebrare Andrea Camilleri,
importante esponente della letteratura e del teatro italiano, è stata
realizzata per festeggiare il suo ottantanovesimo compleanno. E sì… anche se
molti non ci credono, Camilleri ha quasi novanta anni, eppure con le battute e
il suo spirito giovanile non si direbbe. Questo suo lato giovanile è spesso
presente all’interno dell’intervista in cui è l’indiscusso protagonista, nonostante la
presenza costante di Teresa Mannino che,
tra l’altro, trovo “azzeccata” poiché
permette che ci siano anche scambi di battute possibili solo tra siciliani. Uno
dei motivi che invoglia lo spettatore a continuare la visione è che non è il
solito documentario-intervista frontale che abbiamo visto migliaia di volte ma, in qualche modo,
sembra che lo spettatore vi partecipi. Conosciamo la vita di Camilleri, non
solo per mezzo di quei dati biografici che si trovano anche su internet, ma
soprattutto nella sua vera essenza, il suo vero io. Camilleri invita tutti quanti ad essere se stessi,
poiché non c’è nulla di più bello. Anche i suoi ex alunni lo ricordano così,
come qualcuno che prima di ogni cosa pretendeva la verità, come dovremmo fare
tutti, cosa che lui ha imparato dal padre, come scrive nella dedica del suo
primo libro: “ Dedicato a mio padre che
non seppe insegnarmi nulla, se non di essere quello che sono”. Personalmente,
avendo solo sentito parlare qualche volta di lui, mi sfuggivano molte cose, per
esempio ero consapevole della sua scelta caratteristica di scrivere in
siciliano, ma non sapevo che fosse una decisione scaturita da un consiglio del
padre. Scelta importante questa, forse uno dei motivi del suo successo, anche
se si poteva rivelare un fallimento. Le figure sempre presenti nella sua vita
sono femminili, partendo dalla nonna Elvira che ha “stuzzicato” la sua fantasia
e sete di conoscenza sin da piccolo, fino a Rosetta, la quale non è solo sua
moglie ma anche la prima lettrice e “giudice” dei suoi libri. Infatti è la
prima a visionare il suo operato e all’occorrenza correggerlo; secondo me è una
cosa tenera che dimostra il loro legame e la loro affinità. L’intervista è stata così “curiosa” ed
interessante che mi ha spinto a provare a leggere un suo libro, in più c’è
stato “l’incoraggiamento” della professoressa; anche se, credo, avrò bisogno di
un piccolo aiuto per l’interpretazione, dato che non capisco sempre il
dialetto. Inoltre vorrei vedere in televisione almeno un episodio delle
inchieste del commissario Montalbano, che non ho mai visto.
“Il cane di terracotta”
di Andrea Camilleri
Il romanzo inizia con un’indagine per un traffico di armi
d'origine mafiosa, scoperta grazie a Tanu u grecu, pluriomicida latitante, che
si confida in punto di morte con il commissario. Il ricercato si era consegnato
a Montalbano poiché, staccatosi dalla nuova mafia, preferiva essere arrestato piuttosto
che essere ucciso. La mafia però non crede alla messinscena organizzata dal commissario e il malvivente,
durante il trasferimento da un carcere ad un altro, viene ferito mortalmente.
Scoperta la caverna dove sono nascoste le armi, Montalbano trova un passaggio
che cela una seconda caverna dove giacciono due amanti assassinati, sorvegliati
da un cane di terracotta con accanto una ciotola di monete. Scoperti i nomi dei
due giovani, grazie all’aiuto del preside Burgio e di sua moglie, il
commissario comprenderà anche il motivo simbolico della particolare posizione
dei corpi dovuta ad un riferimento al Corano e alla tradizione dei dormienti di
Efeso. Infine il commissario riesce a
ricostruire gli avvenimenti grazie a Lillo Rizzitano, uno dei protagonisti
della vicenda.
Nella storia prevale l’intreccio. Le sequenze sono per la
maggior parte sia narrative che dialogate, ma non mancano quelle riflessive con
le geniali congetture del commissario. In generale il ritmo è piuttosto veloce.
La storia è ambientata ai giorni nostri in un’immaginaria cittadina di
nome Vigata. La lingua usata è un misto
tra italiano e siciliano, di semplice comprensione e si nota un’accurata scelta
di ogni parola.
Caratterizzazione dei personaggi
- Salvo Montalbano: protagonista non solo di questo
romanzo, ma di tutto il ciclo di inchieste; sono pochissimi i riferimenti alle caratteristiche
fisiche relative all’aspetto di Montalbano, per lo più affiora il suo
carattere. Il commissario è una di quelle persone che dice ciò che pensa senza
fare troppi giri di parole, spesso è agitato e inquieto e ciò lo porta talora a
rispondere in modo sgarbato. È una persona che non si pone dei pregiudizi,
tenace, non si ferma davanti agli ostacoli, ma continua a lottare nonostante la
situazione non sia semplice. Per qualche assurdo e sconosciuto motivo odia
andare dal barbiere per tagliarsi i capelli e, nonostante si comporti
cordialmente con le persone anziane, i suoi pensieri nei loro confronti non
sempre sono rispettosi, più volte infatti ribadisce di volerli chiudere tutti
in uno ospizio. È una persona abitudinaria, odia e rifiuta ogni tipo di
cambiamento, proprio per questo non vuole accettare nessuna promozione con il
conseguente trasferimento, quindi è privo di ambizione, nonostante possieda un
grande intuito che gli permette di svolgere egregiamente il suo lavoro di
poliziotto. Nel tempo libero oppure quando deve schiarirsi le idee, dedica
qualche minuto ai suoi hobbies ovvero alle passeggiate in spiaggia, alle lunghe
nuotate e alle letture importanti. È una buona forchetta, in più parti del
romanzo si nota quanto apprezzi la buona cucina siciliana, intrattiene una
relazione a distanza con Livia che vive a Genova e vi sono alcune informazioni
vaghe che fanno intendere che sia un uomo di mezza età, originario della
Sicilia.
-Il preside Burgio: un uomo anziano che, pur essendo andato in pensione
da una decina di anni, viene ancora chiamato preside in quanto lo fu per
parecchio tempo. È un uomo di grande cultura, sempre disponibile e con una
buona memoria, nonostante la veneranda età. Insieme a sua moglie aiuta il
commissario a scoprire l’identità dei due cadaveri, sarà infatti la signora per prima a pensare
alla vera identità della ragazza uccisa ed è proprio grazie a questo suo
intervento che sarà possibile
identificare i due e di conseguenza scoprire la verità.
- Mimì Augello: il vicecommissario di
Vigata, i rapporti con Montalbano sono alquanto difficili in quanto, nonostante
il commissario lo stimi, lo considera anche un rivale, tanto da tenerlo spesso
lontano o addirittura all'oscuro delle indagini, giacché ritiene di essere un
cacciatore solitario. Inoltre Montalbano è geloso di Mimì, grande playboy, poiché questo dimostra una certa simpatia per
Livia. Mimì è comunque un grande amico di Salvo.
- Giuseppe Fazio: uno dei poliziotti della
centrale di Vigata, è efficiente e capace, l'unico che riesca a capire
realmente gli ordini del commissario, portandoli a termine senza farsi troppe
domande o problemi. È un agente esperto che non si lascia irritare dalle
provocazioni di Montalbano.
Non avendo letto altri libri di Camilleri non posso fare un
confronto per decidere se questo sia come tutti gli altri o se migliore o
peggiore, però posso affermare che mi è piaciuto. Partendo dal presupposto che
amo i polizieschi, era piuttosto scontato che la trama mi appassionasse, ma il
resto? All’inizio, come spesso capita con qualcosa di nuovo, mi sono sentita
spaesata nel leggere espressioni dialettali che fino a quel momento avevo solo
sentito usare a poche persone ma è stato facile capire il loro significato dal
contesto. Ho apprezzato il personaggio di Montalbano soprattutto per il suo
genio, per quel suo quid in più che
gli permette anche solo grazie ad un’apparente insignificante parola, ad un
piccolo gesto di arrivare alla verità, e riesce sempre a dimostrare un grande
ingegno ed amore per la ricerca della verità e della giustizia. Un altro dei
motivi che mi ha fatto appassionare a questa lettura è che egli riesce ad
affrontare tematiche delicate e soprattutto reali da cui spesso tutti ci
allontaniamo o fingiamo che non esistano poiché è più semplice. Io, in prima
persona, odio leggere libri che parlano di mafia o di altre realtà “scomode” e pericolose, così lontane eppure vicine, che mi
lasciano con l’amaro in bocca e con mille domande senza risposta, ma in questo
romanzo Camilleri fa sì che Montalbano ottenga una, anche se piccola, vittoria
contro la malavita. Inoltre questo clima pesante viene alleggerito da
intervalli divertenti con le scene di Catarella. A mio parere, un’ altra tematica che emerge è
l’importanza per l’uomo della speranza, ultima a morire. Infatti Lillo
Rizzitano nel ricomporre i cadaveri come nella leggenda dei dormienti di Efeso
e nella tradizione del Corano in qualche modo spera che un giorno i due amanti
possano risvegliarsi e vivere insieme la vita che meritavano. Quindi vi è la
speranza, che spesso è solo un’illusione, a cui ci aggrappiamo per non
affrontare la dura realtà. In conclusione, posso dichiarare di aver apprezzato
questo libro e penso che leggerò qualche
altra inchiesta, la cui lettura consiglio a tutti.